Cittadinanza o tribalismo? Il bivio siriano

Ricordare tra pochi giorni il 12esimo anniversario del sequestro del gesuita romano del quale nulla si è saputo dal 29 luglio del 2013 sarà utile per tutti i siriani. E molti di loro lo fanno quotidianamente: è la Siria che sa come tradurre il dolore altrui. 


Dopo la I guerra mondiale la Società delle Nazioni affidò alle grandi potenze europee vincitrici del conflitto il compito di favorire la nascita di Stati moderni in vasta parte dei territori degli imperi sconfitti, quello ottomano e quello tedesco. Alla Francia questo compito fu affidato per l’odierna area siro-libanese. Di lì a breve si insediò a Damasco il generale Henri Gouraud, per avviare l’impresa. Al suo fianco Parigi pose quale segretario il diplomatico e visconte Robert de Caix de Saint‑Aymour. Questi, stando alla ricostruzione storica di Peter Shambrook- durante uno dei loro primi colloqui- fece presente al generale che a suo avviso disponevano di due sole opzioni: “costruire una nazione siriana che non esiste, ammorbidendo le profonde frizioni che la dividono, oppure...

La riflessione di Riccardo Cristiano è a questo link:

«Ora staremo sempre insieme. Nessuno ti strapperà dalla mia mano»

Un racconto nel tempo pasquale, incentrato sugli affetti, alla vigilia della Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia.

Una notte intera, coi capelli sudati, a raccogliere ricordi, sfogliarli, custodirli, come fiori tra le pagine di un libro. D’ora innanzi non vivrò che di questo, non avrò che questo. Avevi detto che saremmo stati insieme nel seno del Padre. Invece – ci sei tu, e questo mi dà fiducia – ma non ci stiamo insieme. E tu avevi detto che ci saremmo stati insieme.
Poi è arrivata Maria, gridando...

La coppia è liquida

Fino a pochi decenni fa c’erano alcuni punti fermi nella vita delle persone: l’acquisto della prima casa, il posto fisso, il matrimonio. Oggi continuiamo a comprare casa (sempre più tardi), e a essere assunti (sempre più tardi; e non è un tabù cambiare lavoro, anzi...), ma le relazioni sono diventate più fluide: a tempo determinato. Non si sta insieme «per sempre», ma «per un po’», seguendo inclinazioni, cir-costanze e ambizioni. Ne parliamo con psicoterapeuti, sociologi e demografi. E tutti concludono, con accenti diversi, che...la coppia è liquida

La cosiddetta coppia tradizionale — quella che si intendeva formata da un uomo e da una donna che si univano in matrimonio — è finita e quali nuove forme e possibilità (o quali retaggi si porta dietro) l’idea di coppia nelle nuove generazioni. Oltre a Lancini, hanno preso parte alla conversazione per La Lettura del CorSera: Annalisa Ambrosio, laureata in Filosofia e autrice de L’amore è cambiato (Einaudi); il demografo, saggista e docente all’Università Cattolica di Milano, Alessandro Rosina; la sociologa Chiara Saraceno (in libreria con La famiglia naturale non esiste, Laterza)....


La conversazione a cura di Jessica Chia è a questo link:

 

https://docs.google.com/document/d/1QCL8ycpd1h89BspqxP1FO9G9gzcVCDEi/edit?usp=sharing&ouid=109110621475742425323&rtpof=true&sd=true

Storia dei rapporti tra il cattolicesimo e la Cina

Il cristianesimo arrivò in Cina nel 635 d.C. con i nestoriani. I rapporti ufficiali tra Cina e Vaticano si svilupparono dal XIII sec. e culminarono nel 1946 con relazioni diplomatiche. 


Il Card. Costantini fu centrale nel dialogo con la Cina, promuovendo clero locale e cultura cinese. Dal 2018 la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese hanno firmato uno storico accordo sulla nomina dei Vescovi, rinnovato nel 2020, 2022 e 2024. Grazie a esso, tutte le ordinazioni episcopali recenti sono avvenute in comunione con il Papa, sanando divisioni decennali. L’Accordo riflette il “metodo Costantini”, basato sul dialogo e sull’inculturazione. Il Vaticano auspica una presenza stabile in Cina e rapporti sempre più profondi ...

La ricostruzione storica di Giancarlo Elia Valori è a questo link:

Violenze ed abusi. Coraggio, guardiamo la lezione da trarre dalla diocesi di Bolzano-Bressanone

 La diocesi di Bolzano-Bressanone ha avuto un ruolo pionieristico in Italia per quanto riguarda l’affrontare il tema degli abusi sessuali nel contesto ecclesiale e della tutela dei minori e delle persone vulnerabili.

Il fatto che essa appartenga all’Italia, ma che sia storicamente, culturalmente e linguisticamente strettamente legata alla regione meridionale di lingua tedesca, gioca un ruolo importante. Nel 2010 è stata la prima diocesi in Italia a istituire uno sportello con un referente indipendente e un comitato consultivo interdisciplinare, nonché un gruppo di lavoro per la prevenzione degli abusi sessuali e di altre forme di violenza: quest’ultimo organizza regolarmente dal 2012 conferenze e workshop specialistici per sensibilizzare sul tema. Nel 2017, il gruppo di lavoro per la prevenzione è stato riorganizzato in un comitato consultivo interdisciplinare, composto da esperti interni ed esterni alla Chiesa. Dal 2018 al 2022 si è tentato due volte di creare progetti per uno studio che registrasse e analizzasse sistematicamente i casi di abuso sessuale perpetrati da chierici con l’aiuto di esperti universitari esterni. Entrambi i progetti sono ...

L'articolo di Martin M. Lintner e Gottfried Ugolini è a questo link:

https://drive.google.com/file/d/13mp65-pcZn6k93POOCxeKQO1xkqaao7x/view?usp=sharing


Il micro reattore nucleare a raffreddamento passivo supera i test ed entrerà in funzione nel 2026

Radiant Industries presenta Kaleidos, un microreattore nucleare che unisce sicurezza e sostenibilità: con raffreddamento passivo e spegnimento ultrarapido, punta a trasformare l’energia nucleare in una risorsa affidabile e versatile, adatta anche alle città del futuro


Radiant Industries, una giovane azienda californiana specializzata in innovazione nucleare, ha recentemente superato una prova decisiva per il suo prototipo di microreattore, Kaleidos. Il punto di forza? Un sistema di raffreddamento passivo che non necessita di energia elettrica per funzionare. Questa tecnologia consente al reattore di spegnersi e raffreddarsi autonomamente, anche in situazioni di emergenza. Ma c’è di più. 

L'articolo di Ilaria Rosella Pagliaro continua a questo link:

https://www.greenme.it/ambiente/energia/il-micro-reattore-nucleare-a-raffreddamento-passivo-supera-i-test-ed-entrera-in-funzione-nel-2026/ 

XXVI Domenica PA - Lc 16,19-31

 Gesù con la parabola del ricco e Lazzaro ci sta invitando, a renderci conto che senza l’ascolto delle Scritture, si corre il pericolo di ritrovarci centrati solo su noi stessi rendendoci incapaci di “vedere” gli altri nella loro realtà, nei loro bisogni. Dio non è e non rimane mai indifferente a loro fino a porre nella loro identità il suo nome: Lazzaro non significa forse “Dio aiuta”?



Con Domenica scorsa l’Evangelo di Luca ha ripreso ad farci comprendere come Gesù abbia posto con forza attenzione alle problematiche del quotidiano, prestando molta attenzione all’uso dei beni e del denaro. Cerca di farci prendere coscienza come denaro e ricchezza possano ostacolare l’accoglienza della sua chiamata; possano far pensare di essere padroni della propria vita. Insomma, il denaro e la ricchezza possono pervertire il cuore dell’uomo.

Gesù però non condanna i beni di questo mondo in se stessi, quello che vuol farci capire è che l’unico modo scaltro di utilizzare i beni di questo mondo è servirsene per aiutare gli altri, acquisendo così la “vera ricchezza”, quella che non arrugginisce e non teme la tignola. È l’insegnamento della parabola proposta Domenica scorsa, quella dell’amministratore disonesto ma che reagisce in velocità alla difficoltà nella quale si viene a trovare: il licenziamento in tronco. Il suo agire si colloca all’interno dei criteri di questo mondo e la domanda che Gesù pone è se i credenti, i suoi discepoli, saprebbero agire con la stessa prontezza nell’adesione alla sequela che, come una spada a doppio taglio, penetra fino al midollo delle ossa e costringe a scegliere spesso rapidamente.

Oggi l’Evangelo riprende ed approfondisce a cosa può portare l’avere denaro e ricchezza. Non viene posto il tema su come questa si sia accumulata, se lecitamente o meno; il problema è che il ricco non condivide quello che ha ma trattiene per se stesso portandolo ad essere un malato terminale di egoismo.

Nel caso proposto oggi, il richiamo a Mosè e ai profeti, cioè all’intera Scrittura, pone al suo centro l’istanza che l’attraversa come un filo scarlatto: il saper vedere, ascoltare e aver cura del povero, dell’orfano, della vedova, di coloro che ci stanno affianco riconoscendo in questi un fratello.

Si tratta della parabola del ricco e Lazzaro, sono ambedue “figli di Abramo” tanto è vero che il primo gli si rivolge chiamandolo “padre” ma non solo in vita non si è mai accorto di Lazzaro, anche dopo la morte non considera non come un “fratello”, ma come un “servo”. Non è così raro: in fin dei conti i “poveri” normalmente li percepiamo come “inferiori” a noi stessi. Anzi lo è chiunque riteniamo o sentiamo inferiore a noi e, questo, dovrebbe interrogarci.

La povertà a volte si ritiene una conseguenza della pigrizia, dell’ozio o della sregolatezza come in Proverbi 24,33-24. Però i profeti capovolgono questa idea e si comprende come la ricchezza spesso non sia solo una benedizione divina, ma il frutto di ingiustizie. Anche il Qoèlet (5,11) e il Siracide (8,2) sono di questa opinione: l’oro corrompe e la sete di ricchezza non lascia dormire tranquilli. Gesù considera l’avidità e la ricchezza come degli ostacoli quasi insormontabili e chiama beati i poveri.

In questa parabola ci sono molti aspetti “strani”: il ricco viene condannato ma non ha fatto nulla di male se non un peccato di omissione nei confronti dei poveri rappresentati da Lazzaro. Anche quando Abramo gli rifiuta una goccia d’acqua non gli rinfaccia nulla. Perché allora aggettivarlo come “cattivo”? Siamo poi così sicuri che Lazzaro fosse “buono”? Cosa ci viene detto che ha fatto per meritarsi il paradiso? Nulla. Le sue piaghe non potrebbero essere la conseguenza di una vita dissoluta?

Ma se si continuasse in questa direzione non si giungerebbe da nessuna parte e si perderebbe il senso della parabola. Gesù considera pericoloso il dare per scontato che ogni disuguaglianza e la divisione tra ricchi e poveri siano inevitabili e che un rovesciamento della situazione avverrà solo alla fine dei tempi nel momento del giudizio. Tutto questo è contro il progetto di Dio. Ce lo dimostra anche quel momento della parabola nel quale il ricco nel suo tormento negli inferi alza gli occhi e, vedendo Abramo assieme a Lazzaro, grida “Padre Abramo, abbi pietà di me, manda…” abbi e manda: due imperativi, continua a comandare e prova ad “usare” Lazzaro: ora finalmente si è accorto di lui ma solo in vista del suo personale bisogno. Tra i due, risponde Abramo chiamandolo “figlio”, c’è un insuperabile abisso che li divide a parti invertite “ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali. Ora in questo modo lui è consolato”.

Fallito questo tentativo prova un’altra strada: “Allora, padre ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli...” di fatto continua, nel suo egoismo terminale, a considerare solo il suo clan familiare ricevendo una risposta secca “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. La risposta di Abramo è ferma e chiara: l’unica forza capace di staccare il cuore del ricco dai suoi beni è la Scrittura, la Parola di Dio.

Gesù sta invitando noi, a renderci conto che senza l’ascolto di quest’ultima, si corre il pericolo di ritrovarci solo centrati su noi stessi rendendoci incapaci di “vedere” gli altri nella loro realtà, nei loro bisogni. Dio non è e non rimane mai indifferente a loro fino, a porre nella loro identità il suo nome: Lazzaro non significa forse “Dio aiuta”?

(BiGio)

 

Il bianco e il nero dei social. Discutiamone! Una proposta

Sarebbe il caso di aprire, un confronto a tutto campo, un serio dibattito sulla ricerca di soluzioni possibili sulle questioni che vengono dal mondo dei social. Proviamoci! La proposta di Tivelli


“Spegniamo la luce agli hater”. Pino Pisicchio con la consueta finezza, intelligenza politica, sociale e giornalistica ha colto alcuni nodi di fondo che stanno dietro la questione dell’ormai famoso professore odiatore sui social.A parte che i social sono strapieni di odiatori, per fortuna non sempre verso grandi autorità istituzionali, ci sono però altri nodi dell’aggrovigliata questione dei social che vale la pena cogliere.
Purtroppo per certi aspetti i social sono diventati, a cominciare da Facebook, la terza agenzia formativa per i giovani (ma non solo) italiani, per quanto ci concerne.
È noto che la prime due agenzie formative, la famiglia e la scuola, però per ragioni diverse non è che stanno tanto bene…

L'apertura del dibattito proposto da Luigi Tivelli è a questo link:

Nel carcere minorile di Nisida (Napoli) sta sorgendo la “Cappella Sistina dei giovani”

Per i giovani detenuti il progetto con la Fondazione Scholas Occurrentes. Si rilancia così l'invito di papa Francesco alla Gmg 2023: trasformare il caos in cosmo. A partire dalla nostra vita


Il 3 agosto 2023, durante la Giornata mondiale della gioventù in Portogallo, papa Francesco percorreva una strada su cui si affacciava un murale lungo quattro chilometri che si concludeva in una sala interamente dipinta dai ragazzi di Scholas di diverse culture e religioni, che il Pontefice aveva battezzato come «la Cappella Sistina dei giovani». Nelle scorse settimane a Nisida si è aperto il cantiere per realizzare un’analoga “Sistina dei Giovani” grazie alla collaborazione tra un gruppo di ospiti del carcere, alcuni educatori di Scholas e ...

L'articolo di Giorgio Paolucci è a questo link:

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/una-zona-luce-per-i-detenuti-di-nisida-nasce-la?mnuid=522g32167g3ffd6cad0c9c5ff6fd3c264a93a2d951c66d50fd&mnref=s66e%2Coaa1a&utm_term=43546+-+https%3A//www.avvenire.it/chiesa/pagine/una-zona-luce-per-i-detenuti-di-nisida-nasce-la&utm_campaign=L%27Avvenire+della+settimana&utm_medium=email&utm_source=MagNews&utm_content=Il+meglio+della+settimana+24-Mag-2025+%282025-05-24%29

Per una lettura nonviolenta dei propri testi sacri

Pubblichiamo gli appunti per una relazione orale svolta in una tavola rotonda – insieme a interventi di Marco Giovannoni, Miriam Camerini, Shahrzad Houshmand e diversi altri/e – svoltasi presso la giornata di formazione “Mediterraneo laboratorio di Pace” presso l’ISSR di Rimini coordinato dal professor Marco Casadei e dalla professoressa Abir Hanna.

Desideriamo indagare – per poterlo disinnescare – quel fenomeno per cui il mistero di Dio – rivendicato da tutti i figli di Abramo, ebrei, cristiani e musulmani, come l’unico, il trascendente, il sempre più grande – viene singolarmente tribalizzato ed etnicizzato (“il nostro Dio”), territorializzato (la “nostra terra santa”), politicizzato (“Dio è con noi qualsiasi cosa facciamo”) e, per così dire, reso coloniale (la “nostra giusta e necessaria superiorità e supremazia”). Per usare le parole della Weil[1] in relazione al cristianesimo: «La cristianità è divenuta totalitaria, conquistatrice, sterminatrice perché non ha sviluppata la nozione dell’assenza e della non-azione di Dio quaggiù sulla terra». Per disinnescare tale paradossale riduzione teologica, che ha disastrose conseguenze...

La pubblicazione a cura di Fabrizio Mandreoli è a questo link:

https://www.settimananews.it/religioni/lettura-nonviolenta-dei-propri-testi-sacri/?utm_source=newsletter-2025-07-15

L'arte del consenso contro l'arte del governo?

Negli Stati Uniti di oggi il criterio del consenso viene accreditato come l’unico che legittima il potere in democrazia, con grave danno dei vincoli istituzionali

Con la seconda presidenza Trump vengono sempre più al pettine vari nodi che oggi inceppano il meccanismo democratico. Il più grave sta nel fatto che il criterio del consenso viene accreditato come l’unico che legittima il potere in democrazia, in una completa e grave disattenzione per i vincoli istituzionali, che sono altrettanto importanti per garantire un gioco davvero democratico, che non calpesti l’opposizione e i diritti individuali. Strettamente legato a questo, vi è un altro aspetto che merita di essere messo sotto osservazione ...

L'analisi di Maria Rosaria Ferrarese è a questo link:

https://www.rivistailmulino.it/a/arte-del-consenso-o-arte-del-governo?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+30+giugno+%5B10110%5D

Una proposta di dialogo con le università e con la cultura «laica»

Negli ultimi tempi la teologia accademica in Italia sta conoscendo un discreto interesse. Le prospettive di lettura del fenomeno restano fondamentalmente due: una riflessione spostata più sul campo intraecclesiale e un’altra più interessata a intercettare il contesto universitario e accademico italiano. Va però aggiunto che spesso (e a ragione) queste due letture s’intrecciano tra loro.


Per entrare nella questione occorre richiamare un dato centrale: l’assenza della teologia dalle università italiane. Tale situazione si è prodotta, de iure, con la legge del 26 gennaio del 1873. In questa data il nascente Stato sopprimeva le facoltà di teologia che erano ancora presenti in qualche università della penisola. A partire da quel momento, dunque, l’unico radicamento che la teologia italiana ha conosciuto è stato esclusivamente quello ecclesiastico.

Si è precisato che tale cambiamento è avvenuto de iure, perché – come notava B. Ferrari in uno studio di più di mezzo secolo fa – de facto una tale decisione non colse impreparate o preoccupate le gerarchie cattoliche. Già da tempo infatti la Chiesa guardava con sospetto l’università ...

L'articolo di Giuseppe Gigliermini è a questo link:

https://drive.google.com/file/d/1Pf7TJG90bUoaTK8G5mtcaI1tC2DMOtP7/view?usp=share_link


Regime change, 25 anni di lezioni della storia

I casi di Afghanistan, Iraq e Libia mostrano come il cambio di regime imposto attraverso azioni militari straniere non abbia prodotto i risultati inizialmente sperati


11 settembre 2001. Con l’attentato jihadista alle Torri Gemelle di New York la storia dell’umanità subisce un’accelerazione prima impensabile. L’Occidente improvvisamente si scopre nudo, e il mondo un po’ più “piatto”, come scriverà qualche anno dopo Thomas L. Friedman. Muri e grattacieli, nonostante la loro imponente fisicità, non sono più ostacoli al male, da una parte all’altra del globo. Da quel momento le dottrine militari pompano un concetto, poi entrato nell’uso comune del linguaggio politico, e che proprio in questi giorni, nonostante la tregua raggiunta nel conflitto che contrappone Israele, Iran e Stati Uniti, si sta imponendo con prepotenza all’attenzione mediatica: il regime change. Ipotesi, quest’ultima, che Benjamin Netanyahu ha ventilato proprio come esito della guerra contro Teheran, per ribaltare un ordine – anche in quel caso derivato… da un cambio di regime – che si regge dal 1979 (e ridisegnare, di fatto, la mappa del Medio Oriente)...

La riflessione di Roberto Paglialonga è a questo link:

Appello per la giustizia climatica

Dal 10 al 21 novembre si terrà a Belém, in Brasile, la 30a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, o COP 30. In vista di questo appuntamento, il 1° luglio è stato presentato presso la Sala stampa della Santa Sede il documento Un appello per la giustizia climatica e la casa comune: conversione ecologica, trasformazione e resistenza alle false soluzioni.

Frutto «del discernimento collettivo... in vista della COP 30 nel continente della speranza, chiede che si affronti il problema del cambiamento climatico, che ha un impatto critico soprattutto nel Sud globale, con misure che non configurino una semplice ristrutturazione del modello capitalista, ma che rimettano al centro i popoli e la Terra rendendoli protagonisti del loro futuro...

Ora un quesito per tutti: come si ritrova il senso della politica?

Da qualunque prospettiva si osservi l’esito del voto ai Referendum c’è poco da stare allegri e molto da apprendere. È ora che la disaffezione degli italiani alla partecipazione democratica venga presa in esame


da qualunque prospettiva si osservi l’esito di questi referendum, c’è poco da stare allegri e molto da apprendere. A patto di avere la volontà, innanzi tutto politica, di volerlo fare. Si può senz’altro pensare di cambiare le regole, come del resto si è già cominciato a teorizzare: alzare il numero minimo delle firme necessarie per proporre un referendum abrogativo (la soglia fissata in Costituzione è di 500mila) perché con la raccolta on line tutto è diventato più facile; abbassare il quorum necessario per rendere valido il risultato; parametrarlo all’affluenza delle ultime elezioni; miscelare il tutto... Ma, a parte il fatto che per i quesiti sul lavoro la Cgil ha raccolto ben quattro milioni di firme (non soltanto digitali), siamo proprio sicuri che il problema sia nelle regole e non, piuttosto, nella disaffezione degli italiani alla partecipazione democratica?

La proposta di riflessione di Danilo Paolini è a questo link:

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/ritrovare-il-senso-della-politica-dopo-il-referendum?mnuid=522g32167g3ffd6cad0c9c5ff6fd3c264a93a2d951c66d50fd&mnref=s69a%2Cob717&utm_term=46871+-+https%3A//www.avvenire.it/opinioni/pagine/ritrovare-il-senso-della-politica-dopo-il-referendum&utm_campaign=L%27Avvenire+della+settimana&utm_medium=email&utm_source=MagNews&utm_content=Il+meglio+della+settimana+14-Giu-2025+%282025-06-14%29

Rimettere il debito ecologico

Negli ultimi decenni il concetto di debito eco- logico si è affermato come chiave di lettura efficace per interpretare le ingiustizie am- bientali su scala globale.

Tradizionalmente il termine «debito» è stato associato alla situazione finanziaria di molti dei paesi in via di sviluppo indebitati nei confronti delle economie industrializzate. Tuttavia questa narrazione trascura un aspetto fondamentale: nel corso della storia, da una parte i paesi più industrializzati sono stati responsabili della quota maggiore di emissioni di gas serra, che ha contribuito al noto fenomeno del riscaldamento globale, dall’al- tra hanno costruito la propria prosperità anche attraverso lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali presenti nei territori dei paesi in via di sviluppo, spesso a scapito delle comunità e degli eco-sistemi locali. Proprio questo squilibrio ha portato...

La riflessione su Il Regno è a questo link:

https://www.ilregno.it/articles/Regno-documenti-15-2025-452-d7hs32.pdf

Kosovo: tra ferite aperte e voglia di futuro

Quando si parla di Kosovo, a qualcuno che non ci è mai stato, basta soffermarsi sul suo sguardo: un misto di perplessità, vaghi ricordi di guerra, e la convinzione che non ci sia molto da vedere e da apprezzare. Il mio ultimo viaggio, un’avventura alla scoperta di questo splendido Paese, tra Pristina, Prizren e Mitrovica, mi ha raccontato una storia diversa – fatta di bellezza sommessa, di giovani che ballano tra i vicoli della capitale, di ponti che uniscono e dividono, di speranze più forti della memoria del conflitto.


Il Kosovo è un paese che vive su un crinale sottile: quello tra il desiderio di guardare avanti, che è ben visibile in città come Pristina e Prizren, e il peso di una storia ancora troppo recente per essere digerita del tutto, una realtà che nessun luogo può raccontare meglio di Mitrovica. Mitrovica, proprio quella città dove un ponte sul fiume Ibar divide concretamente e ideologicamente due comunità, quella albanese-kosovara e quella serba....

L'articolo di Elisa Ruaro è a questo link:

Il tempo del creato: un cammino di speranza e condivisione

Siamo al centro del Tempo del Creato ed è un periodo speciale dell'anno dedicato alla riflessione, alla preghiera e all'azione per la salvaguardia del Creato, nostra casa comune. Celebrato dal 1° settembre al 4 ottobre, ogni anno propone un tema specifico accompagnato da un passo biblico di riferimento.


Quest'anno siamo invitati a meditare su Isaia 32,14-18, un vaticinio pronunciato durante la crisi assira (703-701 aC), in un contesto in cui il profeta alterna minacce a promesse di salvezza. Il brano si apre con un duro monito rivolto alle donne di Gerusalemme, annunciando una calamità imminente che ridurrà la città a un luogo desolato, buono solo per il pascolo di greggi e asini selvatici (v. 14). Queste parole risuonano oggi con straziante attualità: la terra geme, le foreste bruciano, le guerre devastano, l'inquinamento uccide, l'emergenza climatica incombe. Come ci ricorda Papa Francesco, «il grido della terra è il grido dei poveri» (Laudato Si' 49). Eppure, tutto sembra soffocato da un martellante rumore mediatico, da parole vuote e dall'indifferenza generale, lasciandoci spesso impotenti di fronte alla devastazione di un Creato violato e sfruttato. Ma Isaia non si ferma alla desolazione: il suo sguardo va oltre, verso un futuro redento. Profetizza un tempo in cui lo Spirito di Dio si riverserà sul mondo, inaugurando una nuova era: «Allora il deserto diventerà un giardino, e il giardino una foresta» (v. 15). In quel giorno, diritto e giustizia abiteranno la terra, e la pratica della giustizia genererà pace. In chiave messianica, il profeta ci assicura che Dio non abbandona il suo popolo: lo Spirito Santo trasformerà la terra, convertendo il deserto in vita, l'ingiustizia in equità, la violenza in armonia.

Tutte le Chiese cristiane credono nella potenza rigeneratrice dello Spirito e sono chiamate a invocarlo come fonte di unità, speranza e conversione. Solo così il popolo di Dio potrà abitare una «dimora di pace», stabile e riconciliata con la terra e con tutte le creature. Una speranza che non è illusione, ma promessa di rinascita, purché ci sia un impegno autentico verso la conversione integrale.

«Praticare la giustizia darà la pace» (v. 18). Isaia ci svela una verità profonda: non c'è pace senza giustizia-sociale, ecologica, economica. Il Tempo del Creato è il momento propizio per approfondire la coscienza della crisi ambientale e illuminare le connessioni tra uomo, economia e natura. È il tempo di rafforzare l'impegno per una conversione ecologica che, come ricorda Papa Francesco, «deve tradursi in atteggiamenti e comportamenti concreti più rispettosi del creato» (Messaggio, 1° settembre 2016), orientandoci verso stili di vita più sobri, giusti e sostenibili.

«Il mio popolo abiterà in una dimora di pace…». Questa è la visione ecumenica a cui tenere: un'umanità riconciliata, dove le spade si mutano in aratri e le divisioni in comunione. L'impegno delle Chiese per una conversione integrale diventa testimonianza profetica al mondo, mostrando l'amore di Dio per ogni creatura, specie per i più fragili. Uniti nella preghiera e nell’azione, i cristiani possono essere semi di speranza, segno tangibile di un mondo riconciliato con Dio, con il prossimo e con il Creato.

 

(D. Donato Giordani Monaco Benedettino)

Il monastero di S. Caterina sul Sinai a rischio

 Il 28 maggio una sentenza della corte d’appello del Cairo ha messo in allarme la comunità del monastero di santa Caterina al Sinai, l’ortodossia ellenica e mondiale e tutti i pellegrini cristiani. La sentenza trasforma lo statuto del monastero: la proprietà passa allo Stato, i monaci possono restare, ma la gestione dell’intera area è in capo alla Società archeologica del Paese.


Nei primi momenti si parlava anche di un allontanamento dei monaci e di un uso turistico degli spazi della costruzione e della riduzione del monastero a museo. Una commissione greca si è recata al Cairo il 2 giugno per chiarire la questione. Lo status quo prevede che la proprietà del sito, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 2002, sia del Governo greco e che la giurisdizione ecclesiastica sia del patriarcato di Gerusalemme. Si tratta di uno straordinario concentrato di storia e di relazioni tra fedi. Fondato dall’imperatore Giustiniano nel 546, garantito dal profeta Maometto nel 623, dal sultano Selim nel 1517 e da tutti i potentati successivi comprese le comunità beduine, il monastero vive oggi una rinnovata tensione. Si capisce l’intervento di molti protagonisti. Il Governo egiziano di Abdel Fattah al-Sisi è condizionato dai precedenti interventi dei fondamentalisti Fratelli musulmani, che perseguono la chiusura del monastero da un paio di decenni ...

L'articolo di Lorenzo Prezzi è a questo link:

https://www.settimananews.it/chiesa/egitto-sinai-il-monastero-a-rischio/


Comprendere l’amore

In questi tempi, nessuno si stupisce più della successione di parole, azioni e omissioni che ogni giorno ledono la dignità umana in questo mondo che condividiamo.


Alcune accadono nel nostro ambiente più vicino, mentre altre oltrepassano i confini. Tali situazioni sono diventate così comuni che finiscono per sembrarci familiari, come quelle serie televisive che si protraggono all’infinito, reinventandosi in ogni stagione con nuovi personaggi e scenari, ma il cui contenuto essenziale cambia poco. Difatti, e senza dover riflettere troppo, sarebbe facile elencare in pochi minuti numerosi episodi di violenza. Chi non conosce qualcuno che ha subito abusi o maltrattamenti? Chi non è al corrente di tragedie, come quelle che avvengono a Gaza e distruggono la vita di persone innocenti? Chi non si è accorto del deterioramento sistematico del nostro pianeta? L’elenco sarebbe tanto lungo quanto incompleto, perché ...

XXV Domenica PA - Lc 16,1-13

La domanda che Gesù pone nella parabola dell'amministratore disonesto è se i credenti, i suoi discepoli, saprebbero agire con la stessa prontezza nell’adesione alla sequela che, come si è visto nelle domeniche precedenti, è una spada a doppio taglio: penetra fino al midollo delle ossa e costringe a scegliere spesso rapidamente.

 


Si riprende oggi il cammino proposto dall’Evangelo di Luca dopo la Festa dell’Esaltazione di quello spartiacque che è la Croce alla quale elevare e fissare lo sguardo sul volto di Gesù nel quale vedere l’amore infinito del Padre per l’umanità che ci dona la salvezza e la vita eterna. Questa non è un premio futuro post-mortem ma una condizione, una qualità di vita già nel nostro oggi perché credere in Gesù il Crocifisso è aderire alla sua persona, è tendere a poter dire a dire con Paolo “non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me” (Gal 2,20). Vivere cioè della sua stessa vita, con la pienezza umana risplendente in Gesù che trova la sua fonte nel suo essere il Figlio amato del Padre sceso dal cielo per mostrarci quale sia il volto di Dio. Un volto di amore, di misericordia; un amore gratuito, incondizionato che chiede di essere diffuso per poter manifestare le sue energie in chi vi fa spazio accogliendolo nella fede come dovremmo saper fare noi e le nostre Comunità.

 

Oggi torna al centro la vita dei discepoli. Il terzo vangelo, è molto attento alle problematiche del quotidiano e presta molta attenzione all’uso dei beni e del denaro. È cosciente come quest’ultimo e la ricchezza possano ostacolare l’accoglienza della chiamata del Signore (Lc 18,18-23) e possano così far pensare di essere padroni della nostra vita nonostante i limiti dati dalla sua caducità, rendendola spesso precaria (Lc 12,16-21). Generano poi con facilità indifferenza verso chi è povero e bisognoso (Lc 16,19-31). Insomma, il denaro e la ricchezza possono pervertire il cuore dell’uomo.

Lo si comprende dall’incipit della pericope odierna nella quale Gesù rivolgendosi ai suoi discepoli racconta una parabola al cui centro sta un amministratore disonesto la cui scaltrezza e velocità di decisione lo pone ad esempio. Di fronte alla difficoltà dell’essere stato scoperto e licenziato in tronco, non perde tempo in lamenti che comprende e sa inutili, non si perde d’animo, reagisce, accetta la realtà facendo i conti con i suoi limiti che conosce bene e decide su come procedere. 

La domanda che si pone è quella che risuona spesso anche nella nostra vita: “e adesso che cosa faccio? Che cosa devo fare?”. È un interrogativo che risuona molto e si può dire attraversa l’intera Scrittura. Solo per fare tre esempi: questo quesito lo pongono le folle al Battista, il ricco agricoltore che non sa dove riporre il suo raccolto, lo si pongono coloro che hanno ascoltato Pietro il giorno di Pentecoste, ce lo poniamo tutti quando ci si trova davanti ad una scelta di vita in particolar modo se decisiva.

L’amministratore disonesto capisce e decide che cosa deve fare. Certo, il suo agire si colloca all’interno dei criteri di questo mondo ma la domanda che Gesù pone è se i credenti, i suoi discepoli, saprebbero agire con la stessa prontezza nell’adesione alla sequela che, come si è visto nelle domeniche precedenti, è una spada a doppio taglio: penetra fino al midollo delle ossa e costringe a scegliere spesso rapidamente.

Gesù è coerente con la sua proposta di adesione al Regno di Dio che pone al centro del cuore dell’uomo il bisogno dell’altro e non il proprio egoistico interesse. In altre parole evidenza con decisione l’alternativa che esiste tra Dio e Mammona, tra un mondo solidale ricco della misericordia di Dio offerta a tutti attraverso coloro che pongono in lui la propria fiducia, facendo proprio il suo volto conosciuto in quello del Cristo e quello della “ricchezza” come viene tradotta nel brano dell’Evangelo di oggi, ma che nella nostra mente risuona come Mammona. Questo termine ha come radice “aman”, normalmente da noi pronunciato “amen” che significa “così sia”; è l’affermazione che così è, che si crede in quello che si è affermato, che si pone fiducia in questo. Mammona, la ricchezza, si configurano così come una precisa alternativa alla fiducia in Dio: è l’idolo per eccellenza che inebria, possiede, spinge all’ingiustizia.

Non si può qui non ricordare altri detti di Gesù incontrati nelle domeniche precedenti, chi “accumula tesori per sé e non arricchisce davanti a Dio” (Lc 12,21) e la sua esortazione “Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma” (Lc 12,33); da tener presente anche la morale della parabola dell’agricoltore dal ricco raccolto: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?” (Lc 12,20).

Gesù però non condanna i beni di questo mondo, quello che vuol farci capire è che l’unico modo scaltro di utilizzare i beni di questo mondo è servirsene per aiutare gli altri, acquisendo così la “vera ricchezza”, quella che non arrugginisce e non teme la tignola.

(BiGio)

 

In America c'è una guerra civile a bassa intensità: il veleno arriva da dentro

 La perdita dell'innocenza risale ai tempi di Lincoln e si è nutrita di pregiudizi, rancore e discriminazioni striscianti. Anche il possesso delle armi da fuoco ha finito per infrangere qualsiasi tabù


A che punto è l’America? Da quel 14 aprile del 1865 in cui l’attore e John Wilkes Booth uccise con un colpo di pistola alla nuca il presidente Abraham Lincoln scandendo il motto “Sic semper tyrannis”, il Paese ha perduto la sua innocenza rivelandosi per quello che era sempre stato: una terra di promesse e insieme una landa spopolata dove la violenza era connaturata alla crescita stessa di quel nuovo mondo. Per molti americani la Bibbia e il fucile erano e sono tuttora una cosa sola....

L'opinione di Giorgio Ferrari è a questo link:

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/in-america-e-in-corso-una-guerra-civile-a-bassa-intensita-e-questa-volta-il-veleno-arriva-da-dentro?mnuid=522g32167g3ffd6cad0c9c5ff6fd3c264a93a2d951c66d50fd&mnref=s731%2Cobf2e&utm_term=48942+-+https%3A//www.avvenire.it/mondo/pagine/in-america-e-in-corso-una-guerra-civile-a-bassa-intensita-e-questa-volta-il-veleno-arriva-da-dentro&utm_campaign=L%27Avvenire+della+settimana&utm_medium=email&utm_source=MagNews&utm_content=Il+meglio+della+settimana+13-Set-2025+%282025-09-13%29

Pace: un avvenire imbarazzante?

Cosa resta del magistero pontificio sulla pace se anche i mass-media cattolici cominciano ad alimentare la paura del nemico?

Sul tema della pace le parole di Leone XIV – come già quelle di Francesco – sono sicuramente perfettibili ma, al contempo, chiare nei loro moventi ed obiettivi. Il problema vero nasce quando tale magistero dovrebbe illuminare la lettura quotidiana degli eventi ed essere da quest’ultima (almeno in parte) rappresentato. È qui che si forma concretamente l’opinione pubblica: soprattutto quando si tratta di mass media. Ad esempio, ci si aspetta che ...

 

L'articolo di Sergio Ventura è a questo link:


https://www.vinonuovo.it/teologia/etica/un-avvenire-imbarazzante/


Democrazia vs autocrazie, quale modello di governo vincerà in futuro?

Perché ci sentiamo oggi in difficoltà, di fronte al crescere di un paradigma di governo basato sulla “forza” (economica, finanziaria, militare, tecnologica, eccetera)? Dobbiamo reagire con urgenza, ma prima dobbiamo domandarci perché la democrazia rappresentativa ha perso la forza propulsiva e si sente marginalizzata da una dinamica socio-politica basata sul primato della forza e non delle regole democratiche. L’analisi di Giuseppe De Rita, presidente del Censis


Le sussultorie vicende del presidente Trump hanno confermato, anche alle persone più sprovvedute, che circola nel mondo una gran voglia di decisionismo e di verticalizzazione del potere. Con una intensità che viene da domandarsi se non sia in corso un processo storico più profondo – e più pericoloso – di crisi della democrazia, e di corrispettivo crescente appeal delle autocrazie. Chi vincerà nei prossimi decenni fra questi due modelli di governo?

L’analisi di Giuseppe De Rita, presidente del Censis è a questo link:

Una politica scolastica senza visione

Anni e anni di piccoli interventi circoscritti, piuttosto che grandi progetti di riforma, hanno reso la scuola un progetto privo di identità e di una visione di sistema


 Il dibattito pubblico sembra aver perso di vista la scuola. Abbiamo vissuto periodi in cui la politica e l’opinione pubblica l’avevano costantemente al centro dell’attenzione: gli anni della “Buona scuola”, dal 2014 al 2017, a causa del grande sforzo di riforma e dei conflitti conseguenti; e gli anni dell’emergenza Covid, tra il 2020 e il 2022, in cui tutte le famiglie hanno misurato l’importanza della scuola nella vita sociale. In questa seconda fase, però, le visioni generali sull’istruzione si erano perse, a causa di ...

L'articolo di Mauro Piras è a questo link:

https://www.rivistailmulino.it/a/una-politica-scolastica-senza-visione?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+Rientro+a+scuola+%5B10159%5D