Da qualunque prospettiva si osservi l’esito del voto ai Referendum c’è poco da stare allegri e molto da apprendere. È ora che la disaffezione degli italiani alla partecipazione democratica venga presa in esame
da qualunque prospettiva si osservi l’esito di questi referendum, c’è poco da stare allegri e molto da apprendere. A patto di avere la volontà, innanzi tutto politica, di volerlo fare. Si può senz’altro pensare di cambiare le regole, come del resto si è già cominciato a teorizzare: alzare il numero minimo delle firme necessarie per proporre un referendum abrogativo (la soglia fissata in Costituzione è di 500mila) perché con la raccolta on line tutto è diventato più facile; abbassare il quorum necessario per rendere valido il risultato; parametrarlo all’affluenza delle ultime elezioni; miscelare il tutto... Ma, a parte il fatto che per i quesiti sul lavoro la Cgil ha raccolto ben quattro milioni di firme (non soltanto digitali), siamo proprio sicuri che il problema sia nelle regole e non, piuttosto, nella disaffezione degli italiani alla partecipazione democratica?
La proposta di riflessione di Danilo Paolini è a questo link:
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