Anche quest’anno si è chiusa la Mostra di Venezia alla sua ottantaduesima edizione e, nel valutarla con i suoi premi, va tenuto ben presento il suo titolo: “Mostra di Arte Cinematografica”. Parto nel dire che è mia opinione sia stata decisamente migliore di quella dello scorso anno con una qualità media dei film più alta anche se in nessun caso si è gridato al Leone d’Oro immediatamente.
Anzi più in genere ripenso ai 61 film visti, più ne trovo i difetti, le lacune, le imperfezioni. Non sono un critico ma un appassionato di cinema e un po’ alla volta qualche punto fermo, un metro di valutazione anche se del tutto personale penso di averlo elaborato. Il confronto poi con alcuni oramai amici critici di professione conosciuti in questi decenni di frequentazione mi aiuta molto.
A un ristretto gruppo che me lo avevano espressamente richiesto ho inviato “a botta calda” alcune indicazioni alla fine di quelle produzioni che mi avevano colpito e, dando un primo sguardo ai premi si nota come la Giuria abbia tenuto presente le diverse anime e aree geografiche di produzione dei film. Sono stati scelti bene? Ci si poteva attendere scelte diverse? Ovviamente ma, non essendoci un film che emergesse su tutti, non le ritengo criticabili più di tanto.
Interessanti sono stati anche molti film fuori concorso ed è da uno di questi che desidero partire, dall’unico prodotto l’animazione presente in questa rassegna: “Hateshinaki Scarlet” (La principessa Scarlet) di Mamoru Hosoda al suo ottavo lungometraggio. Questo poi non è a mio avviso uno dei suoi più riusciti pur essendo ambizioso; ha avuto quattro anni e mezzo di lavorazione ispirandosi a temi shakesperiani (arriverà nelle nostre sale il prossimo anno distribuito da Eagle Pictures).
Perché parto con la mia narrazione da questo film? Per il suo contenuto. Narra le vicende di Scarlet una principessa che giura vendetta per l’esecuzione sul patibolo del padre con pretestuosi argomenti da parte dello zio. Impara allora le arti marziali e carica di rabbia e amarezza cerca di portare a termine il suo proposito fallendo e rimanendo gravemente ferita. Le viene però incontro un personaggio, infermiere di professione, che non guarda in faccia chi ha bisogno di aiuto e si fa carico tutti, amici e nemici della principessa, aiutandola a trovare un altro senso alla sua vita al di là della vendetta. Il ciclo dell’odio si spezza definitivamente quando viene a conoscere l’ultimo messaggio di suo padre che, nel fragore della folla attorno al patibolo, non era riuscita a sentire: l’invito a perdonare. A questo punto c’è il passaggio più importante: l'uscire dalla spirale di rabbia e volontà di vendetta passa attraverso il perdono che si deve dare prima di tutti a se stessi per aver tanto odiato e usato ogni possibile violenza contro tutto e tutti per raggiungere il proprio scopo. Solo a questo punto si può realmente operare per giungere alla pace e alla pacificazione della propria realtà attraverso il dialogo e il rispetto di chiunque. Il film narra bene questo dramma interiore e l’essere amici o nemici si stempera in una umanità che cerca di capire che cosa sia l’amore, questo dono che sorprende e che, nel ritorno continuo lungo l’intero film, viene cantato in una dolce melodia che non può non interrogare.
In controluce dall’inizio si può leggere la situazione tra Hamas e Israele: a farne le spese, sono i palestinesi di Gaza e ora ci si è accorti anche dello scempio che sta accadendo in Cisgiordania. Ma lo sguardo del film si allarga ad ogni situazione dove l’odio porta alla violenza in ogni parte di questo nostro mondo nel quale “la terza guerra mondiale a pezzi” la fa da padrona.
È una lezione da tener presente sulle condizioni e sul modo nel quale si può essere realmente “pacificatori” e non fomentatori di altro odio. In fin dei conti se si ha un briciolo di memoria storica si può facilmente leggere come in ogni situazione dove una parte di un popolo oppresso lottava per avere dignità e libertà, la pace sia passata attraverso l’abbandono dell’uso delle armi e della forza a partire, per fare solo due esempi, dall’Irlanda, per giungere un mese fa all’analoga volontà del PKK curdo. C’è sempre poi una personalità di spicco che fa da catalizzatore come, in un’altra parte del mondo, fu Nelson Mandela e soprattutto Desmu Tutu il suo ispiratore per superare ogni istanza vendicativa.
Per questo, a costo di essere impopolare, apprezzo la scelta della Giuria di non aver dato al film sulle difficoltà, meglio sull’impossibilità, della Mezza Luna Rossa di Gaza a portare aiuto alla piccola Hind Rajab il Leone d’Oro ma “solo” il Premio Speciale della Giuria. Sarebbe stato un premio esclusivamente politico e non rispettoso del titolo che fregia la rassegna veneziana alla ricerca dell’Arte Cinematografica. Pur costruito bene mettendo a fianco realtà (gli audio dei dialoghi con Hind) e finzione senza cedere a tirate ideologiche, rimane un video manicheo nel quale manca l’aspetto che dovrebbe caratterizzare ogni produzione in concorso.
Non dimentico l’orrore di umanità della quale fa scempio oggi Israele ottenebrando pure la propria, ma va anche compreso come oggi da una parte c’è chi certamente è animato da profondo e sincero desiderio di pace e dal rigetto della guerra e della violenza, dall’altra chi invece esalta la lotta armata e vorrebbe solo lo sterminio del nemico. Di fatto si sono abbandonate le bandiere della pace e si issano solo quelle palestinesi stracciando quelle israeliane (è accaduto al Lido nella manifestazione proPal). Davvero c'è chi pensa che tutto questo aiuti la causa della pace? Perché, come accade, rifiutare o ignorare come compagni di viaggio gli israeliani che a Tel Aviv manifestano contro il governo Netanyahu, i palestinesi che rischiano la vita per opporsi ad Hamas, gli abitanti ebrei e palestinesi di Neve' Shalom, Papa Leone, il card Zuppi e i leader ebrei e musulmani che in Italia parlano di pace e riconciliazione opponendosi agli slogan di odio e di violenza?
Perché non comprendere che da sempre si sarebbero dovuti creare "ponti" tra israeliani e palestinesi? perché non riuscire a pensare che per essere pacificatori è prima necessario farsi carico delle proprie responsabilità di occidentali che abbiamo creato questa situazione non garantendo la costituzione dei due Stati? Solo dopo potremmo farci realmente carico nella verità delle difficoltà di ambedue i popoli aiutandoli a costruire rapporti di convivenza reciproca tra di loro.
(BiGio)
(continua nei prossimi due giorni una riflessione sui film della Mostra 2025 a questi link:
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