Il quadro nelle grandi città è destinato a peggiorare senza interventi strutturali. Il dato positivo è che comunque la transizione ambientale procede, dai trasporti alla casa fino alle fonti d'energia
Spigolando
Una cattiva notizia (e una buona) sul cambiamento climatico anche negli Usa nonostante Trump
Zohra, la musica che sfida il silenzio dei Talebani.
Nata in Afghanistan sotto l’egida del National Institute of Music, l’orchestra femminile Zohra è diventata un potente simbolo di emancipazione e resistenza in un Paese dove alle donne è proibito anche solo far sentire la propria voce.
Il racconto di Bettaniniè a questo link:
XIV Domenica PA - Lc 10,1-12.17-20
Il compito che da Gesù ai 72 discepoli, è quello di preparargli la strada, di aiutare chi incontrano per la via ad essere pronti ad accogliere il Signore nella loro vita che passa dopo i discepoli, non prima. Sta poi a lui “convertirli” e farli diventare suoi discepoli. Se nella storia i cristiani avessero compreso che questo, quanti disastri non sarebbero stati compiuti.
Iniziato questo tratto dell’anno liturgico che ci condurrà alla Festa di Cristo Re con due feste nelle quali prima è stata riassunta l’identità di Dio (Festa SS. Trinità) e poi quella della Comunità dei credenti che, partecipando al Pane Unico, diventano il Corpo del Signore e vengono così inviati ad essere la sua presenza tra gli uomini. Domenica scorsa, nella Festa di S. Pietro e Paolo, l’attenzione è stata posta su tutti coloro ai quali viene riconosciuto e chiesto di svolgere il carisma di suscitare e presiedere all’unità nella carità.
In questo quadro l’Evangelo di oggi sviluppa l’invio in missione dei discepoli sulle strade del mondo da parte di Gesù, i compiti assegnati, lo stile dell’annuncio, le sue modalità e la riconsegna al Signore di quanto realizzato.
Innanzitutto i discepoli ad essere inviati sono 72, numero che la Genesi afferma essere il numero dei popoli presenti sulla terra. Questo a dirci che non c’è un solo popolo al quale viene affidato l’annuncio del Regno già presene in mezzo a noi, ma chiunque abbracci la fede in Gesù il Cristo ne è il portatore; nessuno ne è escluso e tutti fanno parte di quella “moltitudine immensa di ogni nazione, razza, popolo e lingua” che sta “in piedi davanti al trono dell’Agnello” (Ap 7,9).
Poi sono inviati a coppie: l’annuncio dell’Evangelo non affidato a singole persone, non è opera individuale ma, per quanto piccola, di una comunità che si sostiene a vicenda, testimonia e conferma la testimonianza di ciascuno. Fin dagli Atti degli Apostoli questa prassi è documentata e coloro che venivano mandati non parlavano a titolo personale ma sentivano di rappresentare la loro Comunità (At 8,14 – 13.1). Questa modalità di seppur minima comunità, rappresenta per gli inviati la reciproca garanzia che non si cerchi vie personalistiche per emergere, di garantirsi un futuro, di farsi servire invece che di servire, giudicare.
Il compito che da a loro Gesù, è quello di preparargli la strada, di aiutare chi incontrano per la via ad essere pronti ad accogliere il Signore nella loro vita che passa dopo i discepoli, non prima. Il loro compito è quello di raddrizzare i sentieri, riempire le buche, abbassare i colli (IS 40,3-5) che nella vita di ciascuno possono essere d’intralcio all’incontro con il Signore. Poi sta a lui “convertirli” e farle in modo che chiedano il battesimo per essere suoi discepoli. Se nella storia i cristiani avessero compreso che questo, quanti disastri non sarebbero stati compiuti.
L’invito a pregare il Padrone delle Messi, non significa delegare al Padre il compito di risolvere il problema di chi deve spianare la strada alla salvezza, ma quello di chiedergli di garantire che ogni discepolo non debordi dalla sequela, non scada nell’orgoglio della presunzione, rimanga capace di superare le delusioni, gli insuccessi e invece rimanga perseverante in quel compito affidato e assunto al quale tutti i battezzati sono chiamati.
Lo stile della missione, seguendo l’immagine e l’esempio di Gesù, è quella dell’agnello, non dei lupi cioè della presunzione di chi sa già tutto fino alla violenza, sapendo che quella verbale uccide più della spada. Anche gli strumenti da usare sono importanti: non il denaro, gli appoggi di amici influenti, la tentazione di competere con i poteri forti, rinunciando alle sicurezze umane, confidando solo sulla forza della Scrittura.
L’essere in missione corrisponde alla sequela che per ogni discepolo è una sfida contro se stesso che dura l’intera vita nel tentativo di corrispondere sempre più all’immagine del Cristo fino a poter dire con Paolo “non sono più io che vivo ma Cristo che vive in me!” (Gal 2,19-21) e, alla fine della vita, “ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede” (2Tim 4,7-9)
Ma cosa annunciare? la pace. Non il vivere tranquilli e sereni, non l’assenza di conflitti personali, non l’assenza di guerre: queste sono faccende riguardano noi uomini e dobbiamo sbrigarle da soli. La “pace” che ci viene chiesto di annunciare è la riappacificazione tra Dio e l’umanità avvenuta attraverso la vita-passione-morte-risurrezione del Cristo, è l’avvento del suo “regno” che è già tra di noi e al quale ci viene chiesto di dare corpo. È questa che offre la capacità di “curare” (non “guarire” come traduce erroneamente la Cei) i malati, non tanto quelli “fisici”, ma quelli posseduti dai “demoni” (che scoprono sottomettersi loro nel nome del Signore) o dagli “spiriti immondi” (Mc 5,1-10), cioè dall’egoismo, dall’orgoglio, dalla presunzione di poter fare tutto da soli.
Per questo per la missione non basta avere pochi mezzi, occorre essere poveri, non basta proclamare il Regno di Dio, occorre essere uomini di Dio, non basta annunciare la pace, occorre essere operatori di pace nell’affidamento totale al Signore nel quale si potrà sperimentare la protezione che ci accorda: “Nulla potrà farvi del male”. Solo così potrà manifestarsi la potenza dello Spirito di Dio. Per questo per ultima cosa Gesù dice “Rallegratevi, non tanto per i vostri successi”, “«Rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli»”, cioè l’esperienza di sentirsi amati da Dio, nel partecipare già al suo Regno che, in questo modo, siete riusciti a porre qualche pietra.
(BiGio)
Così il Dalai Lama avvia la sua trascendentale reincarnazione
La guida spirituale del Tibet ha ribadito con forza che, nonostante le trame della Cina comunista, la secolare istituzione religiosa buddista riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo perpetuerà la sua azione anche dopo la sua morte. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Quando un Dalai Lama muore, la successione procede non attraverso un Conclave o una selezione consultiva, ma mediante una reincarnazione trascendentale. Nobel per la pace e simbolo mondiale di amore, compassione e saggezza unanimemente riconosciuto, il Dalai Lama, al secolo Tenzin Gyatso, ha compiuto 90 anni ed ha annunciato di avere predisposto che già dal momento della sua morte scattino le procedure per la successione, cioè la scelta di un erede nel quale reincarnarsi, come é accaduto in 14 occasioni dall’istituzione nel 1587 della carismatica figura della guida universale del buddismo tibetano...
L’analisi di Gianfranco D’Anna è a questo link:
https://formiche.net/2025/07/cosi-il-dalai-lama-avvia-la-sua-trascendentale-reincarnazione/#content
Il legame tra Hezbollah e l’Iran si sta incrinando?
Recenti attacchi a installazioni iraniane non hanno visto una risposta militare da parte di Hezbollah, che ha preferito limitarsi a dichiarazioni di solidarietà. La scelta riflette vulnerabilità strategiche e l’attuale priorità del gruppo: la propria sopravvivenza.
Onu, gravi violazioni contro i minori aumentate del 25%
Un rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite rivela che il numero delle violazioni contro i bambini nei conflitti armati è il più alto degli ultimi 30 anni, con 41.370 episodi nel 2024. I Paesi con i più alti livelli sono stati Israele e Palestina, in particolare la Striscia di Gaza, la Repubblica Democratica del Congo, la Somalia, la Nigeria e Haiti
Rwanda e RD Congo firmano la pace a Washington
Gli attivisti di Gazan protestano contro la guerra con le foto dei bambini israeliani: "L'unica via di uscita e che israeliani e palestinesi si uniscano per la pace"
È ora che tutti quanti abbiano a cuore la pace e la convivenza tra i due popoli smettano di tifare per gli uni o per altri ma li uniscano in un unico progetto di convivenza
Essere ebrei dopo Gaza
Essere ebrei dopo la distruzione di Gaza è il titolo di un libro di Peter Beinart che, a fine maggio, è stato pubblicato in lingua italiana. Il titolo già rivolto al futuro, al «dopo Gaza», propone una riflessione sull’ebraismo che, come ha fatto Anna Foa col libro Il suicidio di Israele, interroga sul futuro dello Stato e del popolo di Israele
La recensione di Andrea Piazza è a questo link:
Dopo la globalizzazione: le religioni tra guerre e nazionalismi
Uno dei contributi più rilevanti offerto a tutti i mondi credenti e secolarizzato da Papa Francesco è stato quello di prospettare un’alternativa alla schizofrenia della globalizzazione dimezzata che non ci ha portato alla pace che proponeva ma alla guerra continua, nella quale ognuno ormai si sente chiamato a estirpare il male.
Una volta emerso il paradigma tecnocratico la globalizzazione non ha più offerto nei fatti l’orizzonte che aveva prospettato all’inizio con la rivoluzione della comunicazione istantanea e transfrontaliera. Non ha più perseguito quello che approva il suo impulso originario. La partenza ha illuso alcuni che il multilateralismo non servisse più, che il mondo viaggiasse verso il superamento delle diversità. Francesco ha visto questo pericolo e ha offerto alla globalizzazione un’identità pluralista con il famoso discorso del poliedro, che unisce e preserva le differenze. Il discorso cattolico, così, è giunto a Fratelli tutti e in precedenza si è sistematizzato, soprattutto per la bollente terra di mezzo del Vicino Oriente, con il Documento sulla Fratellanza Umana. La sua prospettiva complessiva ha offerto, con opportunità di crescita materiale e di arricchimento spirituale, la libertà e l’incontro delle diversità.
Non si è imboccata questa strada, i rischi sono aumentati; conflitti, mutamenti climatici, terrorismi e neo colonialismi feroci hanno creato enormi squilibri....
La riflessione di Riccardo Cristiano è a questo link:
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Nel racconto di Luca non vi è spazio né per tristezza, né per rimpianti ma una grande gioia perché la sua presenza non è diminuita, si è mol...
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" Siamo imprigionati dentro un circolo vizioso dal quale non riusciamo ad uscire, dove il senso di potenza e la dimostrazione di forza,...
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Il guaio è che normalmente ci si sofferma solo su quello che abbiamo sotto gli occhi e raramente alziamo lo sguardo pensando che la situazio...