Avvento: ma la venuta di chi attendono i cristiani?

L’inizio di ogni Anno Liturgico la liturgia ci accompagna a riscoprire l’attesa, a vivere la speranza e a coltivare l’esultanza per la venuta di Cristo nella storia e per il suo ritorno nella Parusia: è questo l’Avvento che oggi i cristiani sono chiamati a vivere e celebrare.



Oggi inizia il nuovo Anno Liturgico con la prima Domenica di Avvento. È un qualcosa che normalmente diamo per “scontato”. Ma ci siamo mai posti la domanda del “perché” con l’Avvento? Siamo sicuri che la nostra risposta sia quella corretta?

Per scoprirlo la domanda più precisa da porsi è: quale “avvento” attendono i cristiani? O meglio: la venuta di chi attendono i cristiani?

Si è abituati a legare questo periodo liturgico alla celebrazione del Natale di Gesù ma questa festa “celebra” un fatto già accaduto una volta per tutte e non si può “attendere” la venuta di un qualcosa che non può rinnovarsi. Nell’Incarnazione con la nascita di Gesù a Betlemme convenzionalmente 2025 anni fa Dio si è fatto uomo e come dice S. Giovanni nel suo Evangelo ha scelto di fare dell’umanità la sua dimora permanente. La nostra esperienza nella fede ce lo conferma. 

Allora, la venuta di chi attendono i cristiani? Sempre di Gesù Cristo che ci ha promesso di tornare alla fine dei tempi nella gloria del Padre. È per questo che il “grido”, l’invocazione costante dei cristiani è (o dovrebbe essere): “Maranathà, vieni Signore Gesù”, mentre: “Io credo con fede piena e perfetta alla venuta del Messia e, benché tardi, io l’attendo ogni giorno” è una preghiera ebraica che ci unisce nell’attesa del Veniente.

 

Ma perché l’attesa della sua venuta definitiva viene sempre proposta alla fine di un Anno Liturgico e all’inizio del nuovo?

1.   Perché si è terminato il cammino di un anno accompagnati da un Evangelista (Luca quest’anno) che ci ha proposto la sua comprensione di chi sia stato Gesù e nelle ultime domeniche ha proposto l’attesa dalla sua venuta (ritorno) richiamando i “tempi ultimi”. Nel nuovo Anno Liturgico il cammino di conoscenza e di adesione al Signore viene presentato da un altro dei Sinottici (Matteo quest’anno) che ha sue caratteristiche peculiari. 

Ogni Evangelista ha un suo proprio messaggio perché scrive a una Comunità diversa e accentua uno o più aspetti, caratteristiche e messaggi che potesse aiutarla e guidarla nella sequela. Per questo la composizione dei loro testi esprime un particolare percorso teologico che li differenzia uno dall’altro.

2.  Allora l’Evangelo di ogni prima Domenica di Avvento fa da raccordo riprendendo il tema apocalittico con il quale si era chiuso l’Anno Liturgico appena terminato per dirci di fare attenzione: con il tesoro di quanto appreso, siamo chiamati ad attendere la venuta/ritorno del Cristo che il messaggio dell’Evangelista di quest’anno ci presenterà con delle sottolineature teologico/pastorali diverse.

In altre parole, all’inizio di ogni Anno Liturgico la liturgia ci accompagna a riscoprire l’attesa, a vivere la speranza e a coltivare l’esultanza per la venuta di Cristo nella storia e per il suo ritorno nella Parusia: è questo l’Avvento che oggi i cristiani sono chiamati a vivere e celebrare.

Nel primo suo Avvento Cristo ha portato a compimento le antiche promesse e salvato ciò che era perduto, in quello finale ci prenderà con sé e ci chiamerà a vivere il regno già ora presente in nuce, ma che allora sarà totalmente svelato e realizzato. 

Nel tempo di Avvento la liturgia accompagna i cristiani a scoprire le due venute di Cristo nel mondo: quella avvenuta una volta per tutte all’inizio della redenzione e la sua seconda venuta alla fine dei tempi. Tra le due venute, se ne colloca una terza: il tempo che viviamo noi oggi.

Siamo chiamati a fare memoria grata dell’Avvento storico, scoprire con gioia quello intermedio e attendere vigilantiquello escatologico. È questo il cammino nel quale la Liturgia ci accompagna e attraverso il quale possiamo prepararci a celebrare con stupore e commozione il Natale del Signore che, svuotando sé stesso e assumendo la condizione di servo (cfr. Fil 2,7), si “abbrevia” per abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14) fino a fare di noi la sua dimora (Gv 14,23). 

Ultima nota a margine: il Natale si può comprendere correttamente solo alla luce della croce e della risurrezione. Per dire questo nelle icone orientali della natività il bambino non è collocato in una mangiatoria come nel presepe di S. Francesco ma in un sarcofago che ci rimanda alla venuta del tempo escatologico che stiamo attendendo.

Buon cammino!

(BiGio)

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