Sulla vita e sulla morte serve un diritto mite. E un Paese unito

 La legge 219, quella sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento, è un modello a cui guardare, nei giorni in cui si torna a parlare di suicidio assistito. Perché introduce un metodo condiviso


Le idee sulla vita, in una società in grande trasformazione, di solitudini e paure crescenti, cambiano. Eutanasia, suicidio assistito, morire con dignità, dolore e modi per combatterlo: nel dibattito pubblico milioni di storie diverse, però, è come se diventassero una, quella del momento. Ma non è così. Può aiutarci riguardare la legge 219/2017, quella sulle Dat, la “grande sconosciuta”. È una legge di diritto mite, che non norma tutto ma offre strumenti per umanizzare il morire senza chiamare la morte. E combatte il dolore, il grande nemico, fino a renderlo un obbligo di stato. Per dare al paziente la parola decisiva senza togliere al medico la sua responsabilità. Fosse stata in vigore già nel 2009 Eluana Englaro avrebbe continuato a vivere e Piergiorgio Welby avrebbe potuto rifiutare legalmente il sostegno vitale senza dover passare per una morte spettacolarizzata in un Paese diviso. Sulla vita e sul morire il Paese andrebbe ricucito e non diviso....

La riflessione di   continua a questo link:

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/sulla-vita-e-sulla-morte-serve-un-diritto-mite-e-un-paese-unito

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