XIX Domenica per PA - Lc 12,32-48

La rassicurazione di oggi di Gesù dovrebbe essere meditata seriamente. Quel “non temere” ovviamente non è un comando da obbedire ciecamente. È una promessa che invita alla fiducia più che alla ricerca di visibilità, posizioni di potere, presenzialismo. È un richiamo forte al senso di responsabilità che vale per tutti: a tutti, per esempio, è stata affidata la creazione … che ne stiamo facendo?

Dopo il percorso fatto per comprendere l’equilibrio richiesto tra il fare e l’ascoltare con quest’ultimo che deve essere al servizio del primo, domenica scorsa l’attenzione si era spostata su cosa significhi l’invito ad essere ricco per Dio. “Dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” dirà Gesù più avanti, invitando a muovere il proprio cuore, il proprio baricentro: non nei forzieri dove i soldi si accumulano e arrugginiscono, ma negli altri uomini, nei sofferenti, facendosi attenti ai loro bisogni anche inespressi e allora, non i soldi, ma la propria realtà sarà posta in Dio. Così si diventa “ricchi per Dio” e si era scoperto che, in fin dei conti, il tesoro inesauribile è il Regno e Dio stesso.

Gesù oggi riprende questo tema innanzitutto rassicurando i discepoli sul fatto che il Regno non è opera dell’uomo ma un dono del Padre da saper accogliere. Certo, sono un piccolo gregge ma basta guardare alla storia e si vede come Dio abbia guidato e protetto il suo popolo anche quando questo era “un piccolo resto”. La piccolezza non deve essere motivo di paura o di sconforto: il Regno non è questione di visibilità o di grandi numeri, anzi “non viene in modo da attirare l’attenzione” (17,20). In fin dei conti questo c’è dove due o tre sono riuniti nel nome del Signore perché lui lì regna (Mt 18,20). Queste sue parole sono una messa in guardia contro l’aspirazione a essere grandi e importanti, forti e potenti, ammirati e considerati, insomma a cercare vie mondane di riuscita ecclesiale.

Di recente una indagine della Demos è emerso come in Veneto il calo di chi pone la sua fiducia nella Chiesa sia diminuito drasticamente come pure l’adesione alla sua realtà. Fatto non nuovo ma lasciano perplessi alcune risposte date agli intervistatori da parte di interpreti di ruoli ecclesiali di primaria importanza che evidenziano, come una delle possibili cause, il non più essere identificabile una cultura e una presenza politica specificatamente “cattolica”. Questo forse nel rimpianto di tempi passati, di un’epoca dorata del cristianesimo con questo che pareva essere il nerbo dell’intera società.

La rassicurazione di oggi di Gesù dovrebbe essere meditata seriamente. Quel “non temere” ovviamente non è un comando da obbedire ciecamente. È una promessa che invita alla fiducia più che alla ricerca di visibilità, posizioni di potere, presenzialismo. È in una piccolezza ma abitata dalla fede che rende i discepoli di Gesù il luogo dove Dio può regnare e questo traspare meglio e sempre più in quella condivisione dei beni che, per Luca, ne è un segno concreto. Ecco allora l’invito di Gesù alla liberalità, alla generosità, al dare in elemosina.

Con questo Gesù inizia a rispondere alle domande che serpeggiavano tra i discepoli dopo la parabola ascoltata poco prima e che la Liturgia ci ha proposto domenica scorsa: come ci si arricchisce davanti a Dio e cosa significhi il non lasciarsi sorprendere dalla morte come accadde a quell’agricoltore che era al centro della parabola.

Alla prima domanda la risposta è facile rintracciarla in quanto fino a qui si è visto: si tratta di orientare la volontà, il desiderio, la propria persona nel suo agire verso e nel Regno già qui tra di noi dandogli concretezza. Alla seconda Gesù risponde con tre parabole centrate sul tema della vigilanza in vista del Signore che viene letta nelle immagini del padrone che torna dalle nozze, del ladro che viene a scassinare la casa e del padrone che giunge nell’ora nella quale il servo non se lo aspetta.

Nella prima la vigilanza corrisponde alla costante disponibilità al servizio rappresentata dalla cintura ai fianchi e il mantenere la lucerna sempre accesa segno che si è pronti ad accogliere tutti e in particolare il Signore.

Nella seconda il Signore è paragonato ad un ladro. Non è una minaccia: sarebbe sterile e di certo non una “lieta notizia”. Le sue venute improvvise, che colgono di sorpresa, desiderano porgere la salvezza, invitare ad accogliere il Regno di Dio mettendo in guardia dal pericolo di perdere delle opportunità che potrebbero essere uniche.

La terza è la risposta a Pietro che chiede al Signore chi sono coloro che devono mantenersi vigilanti. Tutti – è la risposta – ma specialmente coloro ai quali nella comunità sono stati affidati compiti di responsabilità. Costoro sono chiamati “amministratori”, non padroni, ai quali sono affidati dei beni dei quali dovranno rendere conto. Posso comportarsi nel servizio generoso a favore dei fratelli, oppure da padroni sperperando. È un richiamo forte al senso di responsabilità che vale per tutti: a tutti, per esempio, è stata affidata la creazione … che ne stiamo facendo?

(BiGio)


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