Festa di Maria assunta alla gloria celeste - Lc 1,39-56

Ovunque il credente vada, ovunque il credente, come Maria, rimanga, è fonte di benedizione per le persone e per tutta la casa e, in ultimo, per l’intera umanità. Lo è perché “partecipando al pane unico” diventa il corpo del Signore e in quanto tale, vivendo come lui ha vissuto non potrebbe essere altrimenti.


Il titolo di questa festa “Assunzione in cielo di Maria” è una sintesi errata, un retaggio della filosofia dualistica greca: contraddice la Scrittura che considera l’uomo una unità inscindibile. Paolo scrivendo ai Corinti chiarisce che non è il corpo materiale che risorge, ma “un corpo spirituale” (1Cor 15,44). Inoltre la definizione del dogma non parla affatto di “assunta in cielo” ma afferma Maria come “Assunta alla gloria celeste” che non è un luogo, ma una condizione nuova come quella di suo figlio dopo la sua risurrezione. Maria non è una “privilegiata” ma il modello del destino che attende ogni uomo che crede “nell’adempimento delle parole del Signore”. 

La domanda che ci pone questa festa è se il Dio della vita può assistere impassibile alla sconfitta delle sue creature che hanno impresso in volto la sua immagine e che lui in loro “ha posto la sua dimora” (Gv 14,23). La risposta che oggi ci viene proposta è l’invito a contemplare in Maria il trionfo del Dio della vita; ci viene additata come il modello da imitare, lei che si è sempre fidata ed affidata a Dio e che per questo ha sempre saputo leggere gli eventi della sua vita e della storia con gli occhi del Padre.

Il suo grido iniziale di esultanza è “L’anima mia magnifica il Signore”: letteralmente “io rendo grande il Signore” con la mia fede ancorata alla sua fedeltà e alle sue promesse che colmano le nostre povertà, le nostre umili condizioni (v. 48). Per questo tutti possono cessare di sentirsi degli sconfitti perché la nostra realtà ci ha messo nella condizione di poter diventare destinatari delle tenerezze del Signore che non è l’Onnipotente ma il Potente che, nel rispetto delle sue creature e della loro libertà, riesce a compiere in loro, con loro e per loro azioni d’amore inattese e sorprendenti. Egli interviene in favore di chi ha bisogno di aiuto perché è “misericordioso” (v. 50), qualità che gli determina l’impulso irresistibile, ricambiato o meno, di correre a soccorrere coloro che ama. Lungo tutti i secoli, tutti quelli che lo hanno riconosciuto nella loro vita fidandosi di lui e della sua Parola, hanno sempre sperimentato la sua tenerezza e le sue premure che ha mostrato con “la forza del suo braccio” (v 51). Con questa “ha disperso gli arroganti” non certo umiliandoli ma, rivolgendo loro la sua parola di padre, li converte e i loro cuori sono trasformati in umili servi dei loro fratelli. 

È un mondo nuovo, il Regno di Dio che Maria qui sta annunciando dove sono rovesciati i potenti dai troni ed elevati i miseri (v. 52). Non è certamente un semplice capovolgimento di ruoli (è banale il solo pensarlo) ma il dono a tutti di un cuore nuovo uguale a quello di Maria; come quello di Gesù votato al servizio e non al dominio, dove la cupidigia (“la radice di tutti i mali” 1Tm 6,10) non esisterà più e tutti comprenderanno che “anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni” (Lc 12,15) e si convinceranno che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35).

A ben vedere con quel “Ha ricolmato di beni gli affamati”, è anticipato quel “Beati gli affamati perché saranno saziati” e pure quel “ha rimandato i ricchi a mani vuote” in un mondo nel quale la ricchezza era il segno della benevolenza divina.

La pericope evangelica si conclude con l’annotazione “Maria rimase con lei circa tre mesi poi tornò a casa sua”. Identica espressione a quella che si trova nel secondo libro di Samuele (6, 11), “L’arca del Signore rimase tre mesi in casa di Obed-Edom di Gat e il Signore benedisse Obed-Edon e tutta la sua casa”.

Quindi la presenza di Maria, l’arca della Nuova Alleanza (“nuova” non perché “diversa” da quella sinaitica, bensì perché resa “eterna” nei suoi effetti con la morte e risurrezione di Cristo), nella quale non sono contenute le Tavole della Legge ma Gesù espressione dell’amore di Dio per l’umanità, è rappresentata la bellezza della buona notizia. Ovunque il credente vada, ovunque il credente, come Maria, rimanga, è fonte di benedizione per le persone e per tutta la casa e, in ultimo, per l’intera umanità. Lo è perché “partecipando al pane unico” diventa il corpo del Signore e in quanto tale, vivendo come lui ha vissuto non potrebbe essere altrimenti.

(BiGio)

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