"Non ascoltiamo più le emozioni dei ragazzi e loro identificano l’età adulta con la violenza"

La vicenda del 15enne ostaggio di un gruppetto di coetanei la notte di Halloween richiede una lettura che metta da parte il giudizio e vada oltre i fatti di efferata crudeltà e sopraffazione che hanno visto come vittima un ragazzo da proteggere, in carico ai servizi per fragilità psico-emotive.


«Vittima e carnefici hanno in comune una fragilità che è figlia di questi tempi e che, se non riesce a trovare le parole e i canali giusti per essere espressa, può diventare violenza —spiega Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta —. Atti aggressivi da parte dei giovani sono sempre esistiti ma in questo momento i nostri ragazzi crescono in un clima culturale dove la violenza verso l’altro, la rabbia, sono la cifra distintiva dell’essere adulto. Ci scandalizziamo quando la violenza diventa un fatto di cronaca, come nel caso di Moncalieri, soprattutto se vede come protagonisti i ragazzi, ma quello che proponiamo ai giovani sono modelli di riferimento dove il successo è determinato dalla prevaricazione sull’altro e dove viene allontanata o annientata la fragilità in tutte le sue forme». 

C’è una responsabilità, quindi, del mondo adulto?

«Questa società caotica e individualista, caratterizzata dalla perdita di significatività degli adulti, per primi fragili e concentrati solo su se stessi, ha aumentato il potere orientativo dei coetanei. È come se il gruppo dei pari, insieme al web, fossero diventati i veri riferimenti dei ragazzi. Dietro a un gesto eclatante di affermazione tra coetanei, a maggior ragione se condiviso in rete, c’è la volontà di ribaltare la propria condizione di disagio in un atto grandioso, seppur terribile. Un evento che rende questi giovani forti agli occhi del gruppo e che consente loro di non fare i conti con le proprie debolezze». 

Come dobbiamo interpretare il raid punitivo degli amici della vittima? 

«Si tratta di una ricerca di vendetta che è, prima di tutto, un atto violento alimentato sui social. Il raduno, infatti, è stato chiamato sul web e forse era pronto per essere ripreso in video. C’è molto spesso una forma di pornografia delle emozioni, una dinamica narcisista e una legittimazione delle scelte che passa dalla rete. A muovere questi ragazzi è la ricerca di un atto eclatante che testimonia anche la loro fragilità». 

Perché gli adolescenti di oggi sono così fragili?

«La disperazione dei ragazzi è vuoto identitario, assenza di prospettive, è una sofferenza profonda che quando non trova la possibilità di esprimersi può trasformarsi in gesto disperato. In adolescenza viene abbandonato lo stato di onnipotenza infantile e viene assunto un nuovo ruolo, tutto da definire, tra gli adulti. Questo, però, presuppone il dover fare i conti con le proprie fragilità, da accettare come parte integrante di sé». 

Cosa dovrebbero fare genitori e insegnanti?

«Chiedere, ascoltare e legittimare le emozioni dei ragazzi, accogliere e soddisfare i bisogni evolutivi e affettivi. L’azione violenta generata da un adolescente è un grido che rompe il silenzio e la solitudine, è un modo per affermarsi. In questa fase della vita un ruolo cruciale ce l’ha la scuola perché gli adolescenti sono destinati ad allontanarsi dai genitori e hanno bisogno di una cultura adulta che, al di fuori della famiglia, li accolga e accompagni nella crescita. Invece, preferiamo silenziarli più che fornire loro spazi di espressione di sé». 

Cosa dovrebbe fare la scuola?

«Nella società moderna, con i genitori che lavorano a tempo pieno e le famiglie sempre più sole, dovrebbe essere il luogo che accompagna i ragazzi nella definizione di sé, dove allenare emozioni, frustrazioni, relazioni, favorire lo spirito di gruppo, mentre è troppo spesso dedicata solo all’apprendimento e ai voti. Se così avviene, non bisogna stupirsi se l’alfabetizzazione emotiva diventa quella dei social e della violenza che i ragazzi imparano da ciò che mostriamo loro, tra guerre e sopraffazioni di vario genere».

(L'intervista per il CorSera allo psicologo Matteo Landini è di Chiara Bidoli)

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