Religioni, politica e violenza: le sfide aperte

L’articolo di Vito Mancuso su La Stampa del 13 luglio, su «I due volti del fanatismo religioso» ha suscitato un vasto dibattito. L’articolo era impostato sulla constatazione per cui esiste nella tradizione biblica una componente non solo esclusivista, ma esplicitamente portata a rileggere in chiave etnico-politica la conseguenza dell’alleanza divina, suggellata dalla promessa del controllo sulla terra, in modo da creare le premesse per l’opposizione-conquista-sterminio da parte del popolo eletto nei confronti degli altri. Con tutte le possibili attualizzazioni nei nostri giorni.

Non sono mancate critiche a questa riflessione, da parte ad esempio di un intellettuale convertitosi all’ebraismo come Massimo Giuliani, o di un commentatore mediamente sensibile al dialogo come Davide Assael. Si è arrivati addirittura ad evocare il peso in queste letture di stereotipi antisemiti ereditati dal pensiero cristiano (a mio parere in modo sostanzialmente sbagliato). Comunque, la questione è piuttosto delicata e anche molto più generale, almeno ai miei occhi: alla radice sta il rapporto tra fonti religiose e comportamenti di tipo collettivo o anche scelte personali di tipo sociale e politico (fino all’uso della violenza) nelle grandi tradizioni religiose, soprattutto quelle monoteistiche. 


L'articolo di Guido Formigoni è a questo link:

https://www.settimananews.it/religioni/religioni-politica-violenza-le-sfide-aperte/

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