Temi Caldi / Attualità

Che servizio hanno reso davvero a Venezi i suoi promotori?

Nella vicenda della nomina di Beatrice Venezi alla direzione musicale della Fenice c’è qualcosa che merita di essere messo più a fuoco della volontà politica, che è chiarissima: il maschilismo implicito con cui è stata imposta, raccontata e difesa la sua figura.


Tanto è stato detto e scritto sia sulla nomina imposta senza confronto con l’orchestra che sulla scelta lontana dai criteri di competenza ed esperienza per un incarico del genere.

Di fronte al dissenso di tutte le fondazioni liriche, orchestre, teatri e conservatori, il sottosegretario alla cultura Mazzi, anziché tutelare il valore delle istituzioni culturali, ha scelto di fare il bullo con coloro che dovrebbe rappresentare.  
Mazzi ha gestito il dissenso in una logica propagandistica, arrivando a sostenere che grazie al "dibattito" su Venezi si parla di opera su tutti i giornali.
Anche di Garlasco si parla moltissimo. Ma non risulta sia mai stato un vanto per nessuno. Evidentemente per Mazzi il clamore vale più della competenza.

Ma in questo "dibattito", oltre al metodo e al merito, anche il linguaggio è rilevante, perché evidenzia una retorica machista, paternalista e maschilista.  

Mazzi chiama Colabianchi "eroe".
Colabianchi chiama Venezi "ragazza", riducendo a diminutivo l’identità di una professionista. 
Il ministro Giuli la definisce "principessa che farà innamorare gli orchestrali", come se a contare fossero grazia e immaginario da favola, non competenza ed esperienza. È lo stesso vecchio copione di sempre: celebrare le donne solo se rientrano in uno schema che rassicura il potere maschile.

Così Venezi è diventata da un lato emblema inconsapevole di una femminilità addomesticata e funzionale: giovane, telegenica, gestibile. Dall'altro la sua immagine è passata nel tritacarne dei social uscendone come meme ridicolo e sessista.  

L'ostinazione politica a confermare la sua nomina alla Fenice non la rafforza: la espone, la isola, la svuota di legittimità.
L’impressione è che più che promuoverla, il governo l’abbia sacrificata per usarla come vessillo ideologico. Invece di accompagnarne la crescita, l’ha spinta in un ruolo da cui è difficile uscire bene. Il risultato è una narrazione distorta, che fa danno non solo a lei, ma a tutte le donne che faticano ogni giorno a vedersi riconosciute per ciò che sanno fare, non per come appaiono o per quanto sono “brave ragazze”.

La "principessa" Beatrice Venezi, lungi dall'essere una martire, è comunque stata infantilizzata, sminuita e delegittimata proprio da coloro che intendono proteggerla. 
Non le resta ora resta che una scelta difficile ma necessaria: quella di affrancarsi da chi l’ha usata, e provare a costruire in autonomia il proprio spazio, con la propria voce. Quella di fare un passo indietro rispetto alla Fenice, dove qualunque dialogo con i lavoratori e le lavoratrici è ormai compromesso. 
Sarebbe un gesto di forza e dignità per sé, ma anche per la cultura. 

Non c'è rispetto  se una donna viene usata come strumento di propaganda politica. Non c'è rispetto se viene trasformata in simbolo da difendere a spada tratta, senza ascoltare la realtà in cui deve operare.  
Una cultura realmente egualitaria si costruisce anche così: restituendo alle donne la libertà di parlare in prima persona, di scegliere i propri tempi, di affermarsi per merito e non per investitura.

Un quarto degli israeliani pensa di lasciare il paese

Nel corso del 2025 circa un israeliano su quattro ha preso in considerazione l’idea di lasciare lo stato ebraico, almeno temporaneamente. Il dato emerge dal rapporto annuale dell’Israel Democracy Institute, che fotografa uno stato d’animo diffuso: stanchezza, incertezza e una crescente sensazione di assedio sociale ed economico. 

L’indagine, condotta ad aprile di quest’anno, mostra che il 26% degli ebrei e il 30% degli arabi israeliani valuta la possibilità di emigrare.

Il fenomeno, spiegano i ricercatori, non è uniforme. Tra gli ebrei emerge un profilo chiaro dei possibili partenti: giovani, laici, benestanti, spesso con doppio passaporto. In questa fascia la propensione a partire supera il 60%. Il modello statistico, si legge nell’indagine, «mostra che, combinando reddito alto, giovane età e doppia cittadinanza, la probabilità di voler lasciare Israele può arrivare fino all’80%». Le ragioni del malessere sono ...

L'articolo siglato d.r è a questo link:

https://moked.it/blog/2025/11/24/israele-un-quarto-degli-israeliani-pensa-di-lasciare-il-paese/

Notizie in breve ...

Cinque nuovi post da leggere:

Il Papa a Nicea – Ecumenismo a Venezia: una ricorrenza importante – L’apocalisse non come fine ma … - A caccia di Hamas a Gaza – Il “peso” di Trump


a questo link:


https://spigolando-in-breve.blogspot.com/

1 Domenica di Avvento - Mt 24,37-44

Non ci è dato sapere il tempo.

Ci è dato solo amare nel tempo.

(Mariangela Gualtieri)

Non è un caso che ogni anno la prima domenica di Avvento riprenda il tema della penultima domenica dell’Anno Liturgico precedente e che queste pongano l’accento sulla parusia ovvero sulla venuta nella gloria di Gesù alla fine del tempo. Come non è un caso che al centro, tra queste due domeniche, ci sia la Festa di Cristo Re centrata su un Evangelo che richiami o si riferisca alla sua morte in croce (in Marco e Luca) o al Giudizio finale (in Matteo). Il ruolo di questa Festa è appunto quella di fare da sintesi tra un cammino di conoscenza e invito alla sequela di Gesù secondo uno dei sinottici e l’avvio di un analogo percorso secondo lo specifico taglio dato da un altro evangelista.

Già questo dovrebbe avvertirci che l’Avvento non è teso tanto al Natale, quanto al ritorno del Signore nella gloria e che il tempo liturgico che inizia oggi tenta di ravvivare questa attesa e il grido che dovrebbe essere costante di tutti i cristiani “Maranathà, vieni Signore Gesù, ritorna presto”.

L’attesa allora si caratterizza come un periodo teso a preparare il futuro anticipandolo, sperandolo, invocandolo; non un tempo limitato ma che a partire da queste quattro settimane dovrebbe supportare ogni istante della vita e dell’agire dei cristiani. L’attesa non è un tempo morto come è facile pensare, bensì la preparazione del futuro intervenendo nel presente perché è la soglia tra la storia e la manifestazione in pienezza del Regno di Dio.

L’Evangelo di oggi si raccorda benissimo con quello di due settimane fa e il quadro è il medesimo: i discepoli che ammirano il Tempio di Gerusalemme in tutto il suo splendore e Gesù che afferma gelandoli: ”non rimarrà pietra su pietra che non sia distrutta”. Come nel brano di Luca anche qui torna l’invito ad essere attenti, ad ascoltare, a vigilare cioè a imparare a discernere i segni dei tempi, a cogliere i “suggerimenti”, ovvero il “giudizio” di Dio che giunge puntuale anche se spesso in modo e tempi inattesi. Infatti quando i discepoli gli chiedono “quando accadrà questo?” Gesù pare eludere la risposta in realtà offre un insegnamento che rimane attuale per gli uomini di ogni tempo e, per farsi capire cita tre esempi.

Certo, questa pericope oggi può lasciare perplessi, dare origine a interpretazioni stravaganti oppure si presta, come purtroppo è stato fatto e ancora oggi a volte accade, a cercare di sottomettere con la paura i semplici. Queste interpretazioni hanno origine dalla mancata comprensione del genere letterario “apocalittico” molto usato al tempo di Gesù, ma che è piuttosto alieno dalla nostra mentalità e cultura. Un principio va sempre tenuto presente: L’Evangelo è, per sua natura, buona notizia, annuncio di gioia e speranza. Chi se ne serve per incutere spavento e per creare angosce lo sta usando in modo scorretto, allontanandoci dal suo vero significato.

Gesù fa degli esempi partendo da un racconto biblico: Noè seppe discernere i segni dei tempi e si salvò mentre i suoi contemporanei lo deridevano. Non vi è nulla di riprovevole in quanto facevano “mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito”: è la quotidianità come anche quella dei due uomini che lavorano nei campi e delle due donne che macinano alla mola. Il problema non è il che cosa facevano o si sta facendo, ma il come. Vivere il quotidiano con noncuranza come una routine senza fine, porta ad essere inconsapevoli di quello che si fa e si finisce a non rendersi conto di nulla in una esistenza incosciente. 

Noè non ha evitato il diluvio, ma ha saputo e potuto affrontarlo attraversandolo, i suoi contemporanei non si resero conto di nulla ed il “giudizio” è sul come hanno vissuto prima della catastrofe. Anche nella nostra vita, magari colpevolizzandoci, a volte ci troviamo a riflettere che se avessimo agito in un altro modo probabilmente le cose sarebbero andate diversamente ma, a quel punto è troppo tardi. Ogni nostro evento futuro è approntato nel presente, siamo chiamati a prepararlo coscientemente nel quotidiano. Nel caso dei due uomini (uno preso e l’altro lasciato) e delle due donne (una presa e l’altra lasciata) ciò che viene e verrà alla luce è il come hanno vissuto il loro presente. 

In questo periodo liturgico siamo chiamati a ravvivare l'attenzione sull'attesa della venuta, o meglio del ritorno del Signore. Questo sarà il momento nel quale saranno svelate e gettate nel fuoco ogni ambiguità, ogni negligenza, ogni supponenza; saranno invece portate alla luce ogni attenzione a quanto ci circonda, ogni speranza fattivamente perseguita con costanza nella fiducia capace di farci uscire dall’inerzia e dall’insapore nei quali i gesti quotidiani ripetuti, le abitudini, le solite relazioni possono trascinarci.

Ecco allora il senso di quei tre imperativi finali: “vegliate”, “cercare di capire”, “siate pronti”: il Signore certamente verrà e sarà il natale di una nuova creazione nel segno del Regno del Padre. Maranathà, buon cammino.

(BiGio)

 

Avvento: ma la venuta di chi attendono i cristiani?

L’inizio di ogni Anno Liturgico la liturgia ci accompagna a riscoprire l’attesa, a vivere la speranza e a coltivare l’esultanza per la venuta di Cristo nella storia e per il suo ritorno nella Parusia: è questo l’Avvento che oggi i cristiani sono chiamati a vivere e celebrare.



Oggi inizia il nuovo Anno Liturgico con la prima Domenica di Avvento. È un qualcosa che normalmente diamo per “scontato”. Ma ci siamo mai posti la domanda del “perché” con l’Avvento? Siamo sicuri che la nostra risposta sia quella corretta?

Per scoprirlo la domanda più precisa da porsi è: quale “avvento” attendono i cristiani? O meglio: la venuta di chi attendono i cristiani?

Si è abituati a legare questo periodo liturgico alla celebrazione del Natale di Gesù ma questa festa “celebra” un fatto già accaduto una volta per tutte e non si può “attendere” la venuta di un qualcosa che non può rinnovarsi. Nell’Incarnazione con la nascita di Gesù a Betlemme convenzionalmente 2025 anni fa Dio si è fatto uomo e come dice S. Giovanni nel suo Evangelo ha scelto di fare dell’umanità la sua dimora permanente. La nostra esperienza nella fede ce lo conferma. 

Allora, la venuta di chi attendono i cristiani? Sempre di Gesù Cristo che ci ha promesso di tornare alla fine dei tempi nella gloria del Padre. È per questo che il “grido”, l’invocazione costante dei cristiani è (o dovrebbe essere): “Maranathà, vieni Signore Gesù”, mentre: “Io credo con fede piena e perfetta alla venuta del Messia e, benché tardi, io l’attendo ogni giorno” è una preghiera ebraica che ci unisce nell’attesa del Veniente.

 

Ma perché l’attesa della sua venuta definitiva viene sempre proposta alla fine di un Anno Liturgico e all’inizio del nuovo?

1.   Perché si è terminato il cammino di un anno accompagnati da un Evangelista (Luca quest’anno) che ci ha proposto la sua comprensione di chi sia stato Gesù e nelle ultime domeniche ha proposto l’attesa dalla sua venuta (ritorno) richiamando i “tempi ultimi”. Nel nuovo Anno Liturgico il cammino di conoscenza e di adesione al Signore viene presentato da un altro dei Sinottici (Matteo quest’anno) che ha sue caratteristiche peculiari. 

Ogni Evangelista ha un suo proprio messaggio perché scrive a una Comunità diversa e accentua uno o più aspetti, caratteristiche e messaggi che potesse aiutarla e guidarla nella sequela. Per questo la composizione dei loro testi esprime un particolare percorso teologico che li differenzia uno dall’altro.

2.  Allora l’Evangelo di ogni prima Domenica di Avvento fa da raccordo riprendendo il tema apocalittico con il quale si era chiuso l’Anno Liturgico appena terminato per dirci di fare attenzione: con il tesoro di quanto appreso, siamo chiamati ad attendere la venuta/ritorno del Cristo che il messaggio dell’Evangelista di quest’anno ci presenterà con delle sottolineature teologico/pastorali diverse.

In altre parole, all’inizio di ogni Anno Liturgico la liturgia ci accompagna a riscoprire l’attesa, a vivere la speranza e a coltivare l’esultanza per la venuta di Cristo nella storia e per il suo ritorno nella Parusia: è questo l’Avvento che oggi i cristiani sono chiamati a vivere e celebrare.

Nel primo suo Avvento Cristo ha portato a compimento le antiche promesse e salvato ciò che era perduto, in quello finale ci prenderà con sé e ci chiamerà a vivere il regno già ora presente in nuce, ma che allora sarà totalmente svelato e realizzato. 

Nel tempo di Avvento la liturgia accompagna i cristiani a scoprire le due venute di Cristo nel mondo: quella avvenuta una volta per tutte all’inizio della redenzione e la sua seconda venuta alla fine dei tempi. Tra le due venute, se ne colloca una terza: il tempo che viviamo noi oggi.

Siamo chiamati a fare memoria grata dell’Avvento storico, scoprire con gioia quello intermedio e attendere vigilantiquello escatologico. È questo il cammino nel quale la Liturgia ci accompagna e attraverso il quale possiamo prepararci a celebrare con stupore e commozione il Natale del Signore che, svuotando sé stesso e assumendo la condizione di servo (cfr. Fil 2,7), si “abbrevia” per abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14) fino a fare di noi la sua dimora (Gv 14,23). 

Ultima nota a margine: il Natale si può comprendere correttamente solo alla luce della croce e della risurrezione. Per dire questo nelle icone orientali della natività il bambino non è collocato in una mangiatoria come nel presepe di S. Francesco ma in un sarcofago che ci rimanda alla venuta del tempo escatologico che stiamo attendendo.

Buon cammino!

(BiGio)

Da Gaza alla Cisgiordania : il "New Normal" del conflitto permanente

Mentre Gaza affonda nel fango e nella fame, Israele lancia nuove operazioni in Cisgiordania, alimentando i sospetti di voler imporre una nuova realtà sul terreno.



Secondo gli ultimi sondaggi, il sostegno a Hamas è più alto in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza. E oggi, nella West Bank, l’85% dei palestinesi è contrario al disarmo dell’organizzazione islamista. Non è pertanto così remota la possibilità che ci siano dei nuovi nuclei terroristici che si stanno impiantando nel nord del Territorio palestinese. Al tempo stesso, nelle aree della West Bank che finiscono sotto diretto controllo dell’esercito israeliano è più facile poi costruire nuove colonie. Interpretare univocamente l’ultima operazione ‘anti-terrorismo’ in Cisgiordania non è quindi scontato. Ciò che è certo è che violenza chiama violenza ...

L'analisi xdell'ISPI è a questo link:


L'articolo di Roberto Paglialonga è a questo link:

Il Libano, papa Leone e il Medio Oriente

Il primo viaggio apostolico di Leone XIV, che lo porterà a Nicea ed a Beirut, forse può essere riassunto in due parole; «unità» e «pace». Nicea è la Sede del primo Concilio ecumenico, nel 325 dopo Cristo. Lì fu definito il Credo della fede cristiana. Dunque Nicea, oggi una piccola località turca, parla di «unità». È l’obiettivo di chi ha capito, grazie all’impegno per avvicinarla, che unità non vuol dire uniformità, meno ancora annessione, ma incontro nella valorizzazione dei diversi carismi, delle peculiarità. È un’unità opposta a quella proposta dai sistemi totalitari.



Se Nicea ci ricorda quanto accadde 1700 anni fa, Beirut ci parla di guerra da 50 anni, dal 1975, quando scoppiò la guerra civile libanese, una guerra durata tre lustri anche perché conteneva tante guerre: guerra d’indipendenza, guerra identitaria, guerra etnica, guerra comunitaria. Come anche una guerra tra Stati, e una guerra civile all’interno delle comunità. Moltissime altre guerre sono seguite. Non è dunque fuori luogo che il papa visiti come prima metropoli questa città da mezzo secolo straziata da guerre. È dunque evidente che Leone da questa città invierà un messaggio di...

L'articolo di Riccardo Cristiano è a questo link:

https://www.settimananews.it/papa/il-libano-papa-leone-e-il-medio-oriente/

In occasione dei 90 anni di Woody Allen esce il suo romanzo:"Che succede all'uomo?"

Oggi 30 novembre Woody Allen compie 90 anni. Un bel traguardo, certamente, soprattutto se si considera la straordinaria intensità della vita trascorsa da un uomo che, grazie esclusivamente al proprio prodigioso talento, è stato alla ribalta fin da giovanissimo, creando decine di capolavori che resteranno per sempre nel mito della cinematografia mondiale. 

Nessun altro regista è mai riuscito a esprimersi, a tali livelli, con tanta continuità e assiduità. E anche la sua vita privata, com’è noto, è stata quanto mai intensa e agitata, travolta da scandali, processi, crudeli faide familiari. «Non è piacevole, ma non c’è scelta», ha recentemente dichiarato, in un’intervista, il grande regista, a proposito del suo compleanno “pesante”. Una frase banale, certamente, che potrebbe pronunciare chiunque, ma che, provenendo dalle sue labbra, sembra acquistare un tono oracolare, il valore di una profonda considerazione esistenziale....

La recensione del libro a cura di Francesco Lucresi è a questo link: 

https://moked.it/blog/2025/11/05/scaffale-che-succede-alluomo/

Donne scrivono la speranza, un libro sull'impegno di 21 israeliane e palestinesi

Ghadir Hani e Dror Rubin, di religione musulmana ed ebraica, raccontano le storie di 21 attiviste che lavorano in modi e luoghi diversi per la pace e la riconciliazione in Terra Santa


Vivian Silver, nata in Canada nel 1949, si è trasferita in Israele nel 1974. Da sempre impegnata su temi di giustizia, andò ad abitare nel kibbutz Be’eri, accanto a Gaza, nel 1990. Nel corso degli anni ha stabilito rapporti di vicinanza e amicizia con le comunità beduine della zona e palestinesi a Gaza e nel resto dei territori. Il suo nome è legato a tante iniziative e centri dedicati alla convivenza fra arabi ed ebrei, in particolare fra donne, non da ultimo il Centro arabo-ebraico per il rafforzamento, l’uguaglianza e la cooperazione da lei co-fondato insieme ad Amal Elsana Alh’jooj e vincitore del premio Victor J. Goldberg per la Pace in Medio Oriente nel 2010. ...

L'articolo di Elena Dini è a questo link:

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2025-11/pace-dialogo-diritti-riconciliazione-speranza.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT

Avanzate militari che non esistono: come la Russia trucca le sue mappe di guerra

 Le mappe dei campi di battaglia sono uno degli strumenti di propaganda preferiti dalla Russia. Mentre quest'anno l'esercito russo è avanzato in media a passo di lumaca, le immagini spettacolari diffuse dal Ministero della Difesa e dai blogger favorevoli alla guerra spesso esagerano i progressi, utilizzando frecce in grassetto e villaggi ombreggiati per dare l'impressione che le truppe russe stiano conquistando il territorio. 


Questa tendenza si estende anche alle mappe interne dell'esercito, secondo un ex soldato che le disegnava per lavoro. Per Mediazona, Vyacheslav Boyarintsev (uno pseudonimo) ha recentemente descritto la sua esperienza....

Il servizio di Meduza è a questo link:

https://www.valigiablu.it/russia-mappe-militari-avanzata-ucraina/

In Libano, dove il 30 novembre andrà papa Leone, la tregua è sempre a rischio. I timori per una nuova escalation militare

Il pesante raid israeliano di domenica su uno dei sobborghi meridionali di Beirut riaccende i timori per una nuova escalation militare. "La popolazione è di nuovo in ansia, ma questi attacchi non sono giunti inattesi", spiega ai media vaticani Emiliano Stornelli, analista e presidente dell'organizzazione Religion and Security Council. Anche a Gaza ancora bombe e morti


A un anno dalla sua entrata in vigore, la tregua tra Israele e Hezbollah è tornata pericolosamente a rischio nelle ultime ore. Il pesante bombardamento aereo dell’Idf su Dahiyeh, uno dei sobborghi meridionali della capitale Beirut, che ha portato ieri pomeriggio all’uccisione del capo de facto delle forze armate di Hezbollah e numero due del movimento, Haytham Ali Tabatabai, colpito nel suo appartamento segreto, e di almeno 5 cinque persone (con altri 28 feriti), potrebbe segnare il "via libera israeliano a una escalation militare nel Paese". Ne è convinto il vicepresidente del consiglio politico del gruppo islamista sostenuto dall’Iran, Muhamud Qomati....

L'articolo di Roberto Paglialonga è a questo link:

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2025-11/in-libano-tregua-sempre-a-rischio.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT

l nome della giustizia è tenerezza

Il 18 ottobre scorso si è tenuto a Bergamo il convegno I nomi della giustizia, la questione penale in Lombardia voluto dalla Conferenza episcopale lombarda, dalla Delegazione Caritas e dalle Cappellanie delle carceri della Lombardia. Riportiamo integralmente la relazione Il nome della giustizia è tenerezza di Isabella Guanzini, filosofa e teologa, docente all’Università di Linz


La questione della forma della giustizia – dei nomi della giustizia – che può e deve incarnare la pena: come “strappare” dal carcere una vita che sembra perduta? Quale forma della pena tende a disumanizzare, invece che ad avviare un processo di riflessione e di metamorfosi dell’umano? Come superare il tratto meramente ritorsivo o intimidatorio della pena, che vede soltanto la colpa o il reato, allargando lo sguardo alla persona, alla sua storia, e al suo legame con la società? Esiste un modello di giustizia diverso da quello retributivo, che non si limiti a neutralizzare – e dunque a bloccare, alienare e opprimere – lo sviluppo della vita umana, ma che invece miri a riparare, a ricostruire e, soprattutto, a liberare ciò che è incarcerato, anche prima di aver commesso concretamente un reato? ...

L'intero intervento è a questo link:

https://www.settimananews.it/diritto/nome-della-giustizia-tenerezza/

Nicaragua, almeno 261 i religiosi espulsi finora dal Paese

Lo rivela un rapporto della ong per i diritti umani Colectivo Nicaragua Nunca Más. 


Nell’elenco figura il presidente della Conferenza episcopale, monsignor Carlos Enrique Herrera Gutiérrez, oltre ai vescovi Silvio José Báez Ortega, Rolando José Álvarez Lagos, Isidoro del Carmen Mora Ortega. Il documento ricorda inoltre la chiusura, tra il 2018 e il 2025, di più di 5.600 associazioni, ma anche di tv e radio ...

La notizia di Vatican News è a questo link:

https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2025-09/nicaragua-ong-almeno-261-i-religiosi-espulsi-finora-dal-paese.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT

La “teologia della speranza” è ancora attuale?

Si propone di seguito, per gentile concessione del Direttore, il saggio di Dieter Kampen, Presidente dell’Accademia degli Studi Luterani in Italia e pastore della Chiesa Evangelica Valdese di Bolzano scritto per la rivista Appunti di Teologia


Se ci interroghiamo sull’attualità di Jürgen Moltmann, dobbiamo innanzitutto ricordare che Moltmann è deceduto l’anno scorso e quindi lo potremmo considerare un teologo contemporaneo. Tuttavia, Moltmann è mancato all’età di 98 anni ed ha pubblicato la sua opera fondamentale sulla speranza nel 1964, cioè prima della mia nascita, per cui, da un’altra prospettiva, ad esempio la mia, appartiene anche al passato. Per rispondere in modo più articolato al quesito affrontiamo con ordine i momenti salienti della sua vita e della sua teologia della speranza....

L'articolo è a questo link:

Michele Serra: Sursum cordolo

«Bisognerebbe che ognuno di noi, non perché costretto ma per imparare a stare al mondo, si facesse una settimana in carrozzina»


Gira senza sosta la ruota del destino. Anzi, le due ruote del destino. La settimana scorsa vi avevo raccontato la mia (minima) impresa ciclistica tra Italia e Slovenia, per andare al concerto di Jovanotti sul lago di Fusine. Oggi mi tocca dirvi che sono caduto in Vespa a Milano, incappando nel maledetto cordolo in fondo al sottopasso che porta dalla Stazione Garibaldi in via Melchiorre Gioia. Un cordolo nero sull’asfalto nero in una galleria nera: non l’ho visto e ci siamo ritrovati, mia moglie ed io, a stretto, bruciante e rovinoso contatto con l’asfalto.

La riflessione di Michele Serra è a questo link:

Nella solennità di Cristo Re la Lettera apostolica "“In unitate fidei” Nel 1700° anniversario del Concilio di Nicea

Pubblicata nella Solennità di Cristo Re dell’Universo la Lettera Apostolica “In unitate fidei” di Papa Leone XIV in occasione del 1700° anniversario del Concilio di Nicea, 23 novembre 2025


Nell’unità della fede, proclamata fin dalle origini della Chiesa, i cristiani sono chiamati a camminare concordi, custodendo e trasmettendo con amore e con gioia il dono ricevuto. Esso è espresso nelle parole del Credo: «Crediamo in Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio, disceso dal cielo per la nostra salvezza», formulate dal Concilio di Nicea, primo evento ecumenico della storia della cristianità, 1700 anni or sono.

Ecco il testo della Lettera di Papa Leone: "Mentre mi accingo a compiere il Viaggio Apostolico in Türkiye..."

La rivoluzione silenziosa di Pechino e il nuovo asse del potere biotech

Boom di investimenti e degli accordi di licensing “made in China”. Ma mentre Pechino avanza e sfrutta il biotech come terreno di potere, l’occidente rischia di restare a guardare


La Cina guarda al biotech e il biotech guarda alla Cina. La valanga di accordi di licenza siglati quest’anno per farmaci sviluppati in Cina mette in discussione il primato americano nel settore secondo Axios. La strategia di Pechino — dieci anni di investimenti mirati nell’industria biofarmaceutica — sta pagando con prodotti più rapidi e più economici. “Comunque la si misuri, i dati puntano tutti nella stessa direzione: la Cina che prende il comando, che è già leader o che bussa alla porta in queste aree”, ha dichiarato ad Axios Andrei Iancu, ex sottosegretario al Commercio per la proprietà intellettuale sotto la prima amministrazione di Donald Trump....

L'articolo di Andrea Macaluso è a questo link:

https://formiche.net/2025/09/cina-europa-usa-potere-biotech/#content

Nigeria, aumenta il numero dei rapiti alla St. Mary's School

Sono 315 le persone, tra studenti ed insegnanti, sequestrati il 21 novembre nella una scuola cattolica della comunità di Papiri, nello Sato del Niger. Un gruppo di circa 60 miliziani armati, a bordo di auto e motociclette ha fatto irruzione nell’edificio scolastico assaltando i dormitori


Nelle ultime settimane un’escalation di atti criminali ha investito la Nigeria facendo alzare il livello di allerta per possibili ulteriori pericoli. Lo Stato federale di Kebbi, lunedì 17 novembre, è stato teatro di nuove violenze quando in una scuola secondaria, prevalentemente musulmana, sono state rapite 25 studentesse. Nello stesso giorno, nello Stato federale nord-occidentale di Zamfara, 64 persone sono state rapite, tra cui donne e bambine che si trovavano nelle proprie case. Martedì 18 novembre, nello Stato federale di Kwara, poco più a sud di quello di Niger, la Chiesa di Eruku ...

L'articolo di Silvia Giovanrosa è a questo link:

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2025-11/nigeria-rapimenti-violenza-cristiani.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT

XXXIV Domenica TO - Cristo Re - Lc 25,35-43

L'altro malfattore non rifiuta ma accetta e si fa carico del male che ha fatto accettandone le conseguenze. Questo gli consente di fare una “correzione fraterna” all’altro sventurato condannato alla medesima pena senza alcuna presunzione, quassi discretamente compiendo anche un atto di fede rimandando e rimettendo nelle mani di Gesù ogni cosa al quale si rivolge sommessamente non chiedendogli nulla per se stesso, se non l’essere da lui ricordato. Sorprendente la risposta avuta ...

 

L’ultima domenica dell’anno liturgico celebra Cristo quale Signore e re dell’universo che si propone di essere da una parte la sintesi del cammino di conoscenza e di sequela propostoci attraverso l’Evangelo di Luca, dall’altra il lancio del nuovo anno liturgico che inizierà la prossima settimana con la prima domenica di Avvento. 

La scorsa domenica Gesù invitava nell’attesa del suo ritorno a non essere creduloni, a non farsi ingannare, a non farsi prendere dallo spavento ma ad imparare a discernere, perseverare, ad alzare lo sguardo perché il Regno del Padre in ogni caso avanza nonostante tutto possa far apparire il contrario. Quindi l’invito a non ripiegare sconfortati in se sessi, ma sempre ad osare a pensare il futuro, a gettare lo sguardo oltre, a fare, a costruire positivamente perché questo sta nelle nostre mani.

Nell’Evangelo di Giovanni il trono di gloria del Cristo è la sua croce, da quella estende il suo Spirito sull’universo mentre nell’annata C la sua regalità è espressa dall’episodio detto del “buon ladrone”, tratto dal racconto della passione secondo Luca (Lc 23,35-43). In realtà questo evangelista non lo definisce così ma usa l’espressione “l’altro mal-fattore” ricordandoci così che anche quest’uomo ha fatto il male. Luca nella sua Passione ricorre più volte e sottolinea il fare o non fare il male, l’agire o il non agire ingiustamente a partire da Gesù che invoca il perdono del Padre perché coloro che lo stanno crocifiggendo “non sanno quello che fanno”. Ma anche l’altro mal-fattore ricorda all’altro crocifisso che la pena a cui essi sono sottoposti è commisurata a quanto hanno commesso: “riceviamo il degno [castigo] di ciò che abbiamo fatto” mentre Gesù “non ha fatto nulla di male”. Questo è un primo raccordo con l’invito dell’Evangelo di domenica scorsa poco più sopra ricordato: è necessario porre attenzione al nostro fare, al nostro agire imparando a discernere perseverando cosa sia giusto o meno fare e il metro di giudizio si è visto sta nel fare memoria della Scrittura, frequentandola costantemente perché in questa si trova la volontà del Padre vissuta da Gesù lungo tutta la sua vita.

Un secondo elemento sta nell’atteggiamento della folla. La nostra pericope al versetto 35 traduce che “il popolo stava a vedere”; in realtà il verbo usato è molto più ricco: “il popolo stava là e contemplava”. Non è allora uno stare a vedere distrattamente magari per curiosità: vedere, guardare, osservare non sono sinonimi e l’ultimo termine sfocia naturalmente in un atteggiamento di ricerca che coinvolge la persona interrogandola, la porta a cercare di comprendere quanto sta avvenendo e come la coinvolge. Tutto questo finisce in un versetto (il 48) non compreso nel brano di oggi nel quale quel verbo viene ripetuto ma con una traduzione più aderente al suo significato greco. Dopo che il centurione è esploso in quel “Veramente quest’uomo era un giusto”, Luca sottolinea che anche tutte le folle accorse sotto la croce “ripensando a quanto era accaduto se ne tornavano percuotendosi il petto”. Quell’osservare non è dunque passivo, ma sottolinea la capacità e la volontà di comprendere che porta al ravvedimento e al pentimento di fronte alla derisione subita da Gesù ritenuto uno che aveva cercato di usurpare il titolo dell’atteso Messia. Il non aver saputo salvare la propria vita ne era la dimostrazione.

L’istinto di conservazione insito nell’uomo porta spesso a sopraffare l’altro per sopravvivere ma Gesù aveva già avvertito che chi fa di se stesso un fine, il proprio fine, finisce di perdere se stesso (Lc 9,24). “Salvare la propria vita” è una tentazione proposta all’inizio (Lc 4,1-13) e alla fine della vita di Gesù ma a lui non interessa salvarsi da solo, desidera che tutti siano salvi e che nessuno vada perduto: per questo sacrifica la sua vita ottenendo ciò a cui aspirava ed era la volontà del Padre. È questa sua fedeltà che porta il popolo a ripensare e a comprendere ed è il sottolineare questo percorso che Luca desidera presentarci ed invita a far nostro come sintesi del cammino che ci ha fatto fare di conoscenza prima e di sequela poi.

Quanto viene poi sottolineato dall’episodio dell’altro malfattore è altrettanto importante come indicazioni per la nostra vita. Egli non rifiuta ma accetta e si fa carico del male che ha fatto accettandone le conseguenze. Questo gli consente di fare una “correzione fraterna” all’altro sventurato condannato alla medesima pena senza alcuna presunzione, quassi discretamente compiendo anche un atto di fede rimandando e rimettendo nelle mani di Gesù ogni cosa al quale si rivolge sommessamente non chiedendogli nulla per se stesso, se non l’essere da lui ricordato. È un atto gratuito di affidamento che guarda al futuro “quando entrerai nel tuo Regno”. La risposta di Gesù è sorprendente: “Oggi sarai con me nel paradiso”. Vale a dire che “essere in paradiso” altro non è che essere con Cristo e, questo, è già possibile nel nostro oggi. Ce lo ha ripetuto in ogni modo lungo tutto quest’anno.

(BiGio)

Giustizia, virtù per una società equa

 La giustizia, virtù fragile e necessaria, continua a giudicare le nostre società e le nostre economie


C’è un contrasto che accompagna da sempre la condizione umana: da un lato, il profondo senso di giustizia che abita ogni persona, anche la più malvagia; dall’altro, lo spettacolo quotidiano di ingiustizia che il mondo ci restituisce. Jean-Jacques Rousseau lo sintetizzava con forza: “L’uomo nasce libero, ed è ovunque in catene”.
Questa distanza tra ideale e realtà ci ricorda che la giustizia non coincide con i soli tribunali, né può essere ridotta a norme scritte. Il diritto è indispensabile, ma ...

La riflessione di Pietro Giordano è a questo link:

https://www.vinonuovo.it/attualita/societa/la-virtu-della-giustizia-pilastro-di-una-societa-equa/

“Africa: il futuro leader verde? L’intervista a Mohamed Adow di Power Shift Africa”

Nonostante l’Africa contribuisca con meno del 4% delle emissioni globali di gas serra, le conseguenze del cambiamento climatico si fanno sentire in modo devastante. Mohamed Adow, fondatore e direttore di Power Shift Africa, sottolinea che il continente riceve solo circa il 2% degli investimenti globali nelle energie rinnovabili, mentre affronta una serie di disastri climatici, tra cui inondazioni mortali e gravi siccità.


Nel 2025, la situazione è peggiorata ulteriormente con l’aumento degli eventi climatici estremi, come avvenuto nella Repubblica Democratica del Congo e in Somalia. Questi eventi si accompagnano a una significativa diminuzione dei fondi per l’aiuto, in particolare a seguito di un mutamento politico negli Stati Uniti. La recente ritirata di Trump dall’Accordo di Parigi ha riacceso preoccupazioni globali riguardo agli impegni presi dai paesi industrializzati....

L'intervista è a questo link:

https://www.blog.it/africa-il-futuro-leader-verde-lintervista-a-mohamed-adow-di-power-shift-africa/?utm_source=welcoming&utm_medium=newsletter&utm_campaign=ecologia_ambiente#google_vignette


Il cardinale Pizzaballa: per raggiungere la pace va ascoltato il dolore degli altri

Il patriarca di Gerusalemme dei latini, ai media vaticani, parla della speranza che il piano Usa si esprima in soluzioni che portino a “prospettive più chiare” e a dare sollievo alla popolazione palestinese di Gaza. Esprime il suo dolore per i continui episodi di violenza perpetrati dai coloni, anche a danno dei cristiani, invita i pellegrini a tornare in Terra Santa e auspica la ripresa del dialogo tra i leader religiosi per ritrovarsi, ebrei, musulmani e cristiani, “l’uno nell'altro"


A Gaza, anche nelle ultime ore sotto i bombardamenti israeliani, è importante che si proceda verso la fase 2 del piano degli Stati Uniti, che porti a un processo politico per il raggiungimento della soluzione a due Stati. Le Nazioni Unite, dopo l’adozione della risoluzione da parte del Consiglio di Sicurezza, si impegnano ad andare avanti e a “tradurre lo slancio diplomatico in misure concrete e urgenti sul campo”. Una concretezza che dovrà passare per una serie di passi che, è la speranza di molti, possano davvero significare un passaggio fondamentale per i palestinesi stremati dalla guerra, devastati dalla distruzione. Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei latini, ospite dei media vaticani, sollecita la comunità internazionale ad avere il “coraggio” di imporre soluzione per portare sollievo ad un popolo in ginocchio dopo due anni di bombardamenti e che ora subisce le ripercussioni dell’inverno....

L'intervista a cura di Andrea Tornielli e Francesca Sabatinelli  è a questo link:

Dalla tempesta di Francesco alla pioggerellina di Leone XIV

Francesco ha fatto irruzione nella Chiesa come un uragano. Fin dal suo primo «Buonasera» sul balcone di San Pietro, il papa argentino si è proposto di scuotere un’istituzione stagnante, intrappolata tra le sue stesse mura e in un clericalismo che la teneva lontana dal mondo


Non ha sempre centrato l’obbiettivo, è vero. Tra l’altro, perché le sue riforme si sono imbattute in resistenze interne ed esterne e alcuni dei suoi gesti sono stati male interpretati. Ma nessuno può negare il suo intento: ha voluto una Chiesa in uscita, samaritana, impegnata verso gli ultimi e ha messo in moto questo treno.
Leone XIV, il suo successore, arriva con un profilo diverso, quasi opposto. Eletto appena tre mesi fa, il nuovo papa sembra intenzionato a proseguire la rivoluzione francescana, ma con uno stile più sereno e meno dirompente.
Laddove Francesco era un turbine, una tempesta in piena regola, Leone XIV opta per una pioggia leggera, per una pioggerellina, per la calma, per una transizione graduale.

Il pensiero di José Manuel Vidal è a quanto link: