Temi Caldi / Attualità

XX Domenica PA - Lc 12,49-53

Da quando il fuoco dello Spirito brucia e la potenza della Parola del Vangelo corre, non è possibile la neutralità. Quanti accolgono il suo messaggio aderiranno alla vita del Padre, gli altri lo avverseranno in ogni modo. Non sarà quindi un conflitto tra fratelli ma tra chi accoglierà lo Spirito e diverrà datore di vita e chi rimarrà agganciato al suo vecchio mondo, alle ricchezze che arrugginiscono e saranno corrotte dalla tignola.

 


Seguendo Luca, siamo stati abituati a incontrare un Gesù paziente, che ripete senza stancarsi con dolcezza per farsi capire bene nonostante l’ottusità, le provocazioni, le incomprensioni. Questo fino a domenica scorsa dove ha insistito molto sulla necessità di rimanere costantemente vigilanti senza stancarsi non per paura, ma perché l’attenzione all’altro, il farsi prossimo a chiunque abbia qualsiasi bisogno è il suo modo di essere che chiede sia anche quello dei suoi discepoli. Ha invitato a non aver pausa di essere “un piccolo resto” perché il Regno di Dio non è opera dei discepoli ma del Signore. A questi il compito di farlo emergere nella propria realtà spostando il proprio baricentro dai forzieri dove i soldi si accumulano e arrugginiscono all’altro uomo che è non solo immagine, ma nel quale il Padre ha posto la sua dimora. È questo il tesoro inesauribile che rende “ricchi per Dio” al quale ci si deve rivolgere come a un padre, ascoltandolo per riuscire a fare la sua volontà ed avere la capacità di farsi prossimo. L’ascolto precede il fare come l’episodio dell’ospitalità di Marta e Maria ha insegnato.

I pochi versetti di oggi sembrano allontanarsi da questa immagine del Signore che a prima vista ci appare come desideroso di appiccicare fuoco prima possibile, quasi angosciato fino ad esserne oppresso, letteralmente schiacciato (è questo il senso del termine greco usato). Usa poi parole violente, promette conflitti, divisioni; quasi irride le aspettative di pacificazione che ci si aspettava da lui nelle nostre realtà volentieri irte di difficoltà.

È necessario ricordare che nel mondo culturale dove lui ha vissuto si confrontavano due grandi correnti che, a loro volta, si suddividevano in diversi rivoli che giungevano anche a contrapporsi gli uni agli altri. Tagliando con l’accetta si possono sintetizzare in coloro che facevano riferimento al Pentateuco di Mosè e in coloro che invece facevano riferimento al Pentateuco di Enoc. Da questo secondo dipendevano i messianismi apocalittici e l’intero mondo essenico del quale Qumran era una piccola frazione scismatica. Solo negli ultimi 50 anni si hanno avuto gli strumenti per poter avere un’idea e ricostruire questo mondo culturale. Gli studi in merito stanno proseguendo ma è certo che all’epoca di Gesù le due correnti erano ampiamente conosciute da tutti e il dibattito tra gli aderenti alle due diverse opzioni anche molto accesi. C’è chi è giunto ad ipotizzare che nel Tempio di Gerusalemme ci fosse non un solo armadio con il Pentateuco di Mosè, ma anche un secondo con quello di Enoc. Per evitarne la distruzione da parte dei Romani, c’è chi pensa che le due Scritture siano state nascoste nelle grotte di Qumran, alcune delle quali hanno proprio una struttura di tipo “archivistico”, quasi come una biblioteca. A questa tradizione attinge a piene mani anche S. Paolo. Senza riferirsi a quest’ultima non sarebbe comprensibile il suo back-ground e nemmeno quanto predicava Giovanni il Precursore che ritroviamo negli Evangeli: “l’ira è imminente … la scure posta alla radice degli alberi …” (Lc 3). 

In questa pericope Gesù usa un linguaggio apocalittico ma il contenuto riguarda la sua vita, il suo compito, il mandato ricevuto dal Padre. Il “fuoco” al quale lui si riferisce non è quello chiesto da Giovanni e Giacomo per distruggere quanti non li avevano accolti e nemmeno quello che era atteso nel giudizio per bruciare il male e il peccato. Il suo “fuoco” è quello dello Spirito datore di vita che sarà il frutto della sua morte ed è il “battesimo nel quale sarò battezzato”, immerso. È questo desiderio che brucia dentro Gesù e che desidera si avveri presto.

Poi per chiarire afferma che quanto avverrà costringerà a prendere posizione e, parafrasando il profeta Michea, afferma che lui è venuto per dividere. Simeone all’inizio dell’Evangelo di Luca aveva profetizzato ai suoi genitori che quel bambino sarebbe stato segno di contraddizione, la rovina o la risurrezione per molti. Lo sarà fino sulla croce quando dei due con-crocefissi con lui, uno lo denigra e l’altro lo supplica.

 Lui è “segno di contraddizione affinché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2,34). Del resto, questa forza “chirurgica” è propria della parola di Dio: essa penetra come spada a doppio taglio nel profondo della personamettendo in crisi. Quello che Gesù pronuncia è parola di grazia (Lc 4,22), ma al contempo parola di giudizio, che fa discernere, spinge a una opzione. Nessuna realtà si può sottrarre, nemmeno quella delle famiglie.

L’evento Gesù di Nazaret provoca un nuovo inizio storico. “D’ora in poi” (v. 52) scrive Luca, cioè dall’evento pasquale in poi, ovvero nel tempo della chiesa, il nostro oggi, la potenza della Parola provocherà un movimento di verità, di svelamento dei cuori. Da quando il fuoco dello Spirito brucia e la potenza della Parola del Vangelo corre, non è possibile la neutralità.

Quanti accolgono il suo messaggio aderiranno alla vita del Padre, gli altri lo avverseranno in ogni modo. Non sarà quindi un conflitto tra fratelli ma tra chi accoglierà lo Spirito e diverrà datore di vita e chi rimarrà agganciato al suo vecchio mondo, alle ricchezze che arrugginiscono e saranno corrotte dalla tignola.

(BiGio)

 

Nessun commento:

Posta un commento