Gli attacchi israeliani in Iran: Un commento - Perchè adesso - L'ultima carta di Netanyahu? (dai siti di Ispi e Limes)

Un commento

Ancora una volta, l’Iran mostra tutta la sua vulnerabilità di fronte agli attacchi israeliani. Stavolta però, più che la debolezza delle difese di Teheran, colpisce come Israele continui ad agire senza alcun freno. Attaccare l’Iran a ridosso di un delicato ciclo di colloqui con Washington sembra essere una mossa studiata per sabotare ogni possibilità di accordo sul programma nucleare. In questa fase sembrano aver vinto proprio Netanyahu, la lobby israeliana negli Stati Uniti e i neoconservatori americani che da tempo si opponevano a qualsiasi tentativo di accordo e difendevano l’idea di un attacco preventivo alla Repubblica islamica. L’iniziativa negoziale promossa da Steve Witkoff sembra per ora essersi rivelata fallimentare, ma non tutto è perduto. Oggi potrebbero essere proprio i paesi del Golfo – un tempo strenui oppositori del Jcpoa – a esercitare la pressione necessaria per riportare le parti al tavolo delle trattative. Mentre prosegue l’escalation tra Iran e Israele, e le posizioni iraniane e statunitensi sul futuro del programma nucleare iraniano restano divergenti, sembra questa un’impresa quasi impossibile da realizzare.

(Luigi Toninelli)

Ma perchè adesso?

Il tempismo con cui Israele ha deciso di sferrare il suo attacco contro il principale nemico nella regione non è casuale. L’‘Iran si trova nella sua posizione militare più debole da decenni , a seguito di sanzioni economiche paralizzanti, precedenti attacchi israeliani alle sue difese aeree e la decimazione dei suoi più potenti alleati regionali. Decapitando nei mesi scorsi i vertici delle organizzazioni paramilitari in Libano e a Gaza, Israele ha di fatto disarmato la longa manus della Repubblica Islamica nella regione creando le condizioni adatte per lo stato ebraico di colpire l’Iran una volta per tutte senza timore di rappresaglie significative. Oltre alla debolezza militare in cui versa, il governo iraniano è costretto a fare i conti con un’economia soffocata da lunghi mesi di sanzioni che gli hanno alienato parte del consenso interno come hanno dimostrato le proteste, deflagrate a più riprese nel paese negli ultimi anni e che hanno coinvolto fasce della popolazione, soprattutto tra i giovani, che accusano le istituzioni di corruzione e inefficienza. Anche l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha indubbiamente avuto il suo peso. Ogni altra amministrazione avrebbe probabilmente cercato di impedire o scoraggiare l’attacco, per timore di una guerra regionale. L’amministrazione attuale invece, pur dichiarando di non aver partecipato direttamente all’operazione militare, ha fatto intendere di aver lasciato correre. 

L'ultima carta di Netanyahu?

La reazione della Repubblica Islamica dell’Iran all’attacco contro l’America (meglio, contro Donald Trump) di Israele (meglio, di Binyamin Netanyahu) per interposti impianti nucleari, vertici militari e bambini persiani deciderà il futuro del Medio Oriente in termini propriamente strategici. Netanyahu ha calato la sua ultima carta. Senza sapere se si tratti di un jolly o di un due di picche. Nemmeno il primo ministro israeliano è in grado di capire se sta bluffando. L’obiettivo strategico è però cristallino: costringere gli Stati Uniti d’America a entrare in guerra contro l’Iran. Di qui il trappolone teso da Gerusalemme a Teheran, dopo che Trump ha di fatto abbandonato lo Stato ebraico al suo destino negoziando con gli ayatollah, regalando la Siria ai turchi e flirtando con gli huthi. Il proposito di Netanyahu è indurre i persiani a reagire in modo inconsulto, ad ammazzare civili israeliani. Possibilmente in numero consistente. Così da mettere Trump davanti al fatto compiuto, da lasciare gli americani senza altra scelta che schierarsi a difesa di Israele. Dunque, entrare in guerra con l’Iran. Non sarebbe la fine del mondo, ma ci assomiglierebbe molto. I persiani hanno inventato l’impero moderno, hanno inventato il concetto stesso di sensibilità imperiale. Difficile che Khamenei e lo Stato profondo iraniano non abbiano colto la posta in gioco della provocazione israeliana. Se si fanno coinvolgere nella guerra, si scavano la fossa. Se invece come nel recente passato aprono canali di comunicazione con l’America, chiedono giustizia, si limitano a una rappresaglia di facciata e continuano a negoziare con Trump facendo concessioni sostanziali possono svelare il bluff di Netanyahu. L’arma segreta dell’Iran è Trump, che non vuole entrare in guerra e soprattutto non vuole avere nulla a che fare con i disastri mediorientali. Se anziché attaccare Israele raggiunge un accordo con l’America, l’Iran può uscirne trionfante. Mettendo all’angolo Netanyahu. Non sarebbe la fine di Israele, ma ci assomiglierebbe molto.

Sempre che nel frattempo in Iran non si compia il mitologico cambio di regime, oggi più probabile che in passato. Con la differenza che a questo punto anziché i giovani apparentemente occidentalizzati a Teheran prenderebbe verosimilmente il potere un regime militare legittimato unicamente dalla guerra contro Israele. Sarebbe il trionfo di Netanyahu.

(Daniele Santoro)

Per approfondire: ‘Perché Israele può attaccare l’Iran’

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